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giovedì 14 settembre 2023

Emiliano Zapata

A differenza di molti altri rivoluzionari del ventesimo secolo, Emiliano Zapata (1879-1919) non è stato un intellettuale né un transfuga della classe dominante, ma un leader popolare di origine indigena. Nato nel villaggio di Anenecuilco (Stato di Morelos – Messico), Emiliano è il nono di dieci figli di una delle tante famiglie impoverite dalle haciendas, le grandi aziende agricole divoratrici di terre nate dalla modernizzazione promossa dal dittatore Porfirio Diaz. Nel Morelos si scontrano due civiltà: quella degli imprenditori capitalisti e quella degli indigeni legati alla terra e al villaggio (pueblo) che conservano uno spirito indomito e un forte senso della solidarietà. Zapata riceve l’istruzione elementare fino a quando, rimasto orfano all’età di 16 anni, comincia a lavorare distinguendosi ben presto come buon agricoltore e gran conoscitore di cavalli. All’inizio del secolo conosce due personaggi che giocheranno un ruolo importante nella sua vita: Pablo Torres Burgos e Otilio Montano. Entrambi sono maestri di scuola. Il primo gli mette a disposizione la propria biblioteca dove può leggere anche “Regeneración”, rivista clandestina dei fratelli Flores Magón; il secondo lo introduce alla letteratura libertaria, in particolare all’opera di Kropotkin. Grandi scioperi si svolgono nelle ferrovie, nell’industria tessile, nelle miniere e nelle fabbriche di tabacco. Due scioperi annunciano la rivoluzione: quello di Cananea nel 1906, e lo sciopero di Rio Blanco nel 1907, represso dall’esercito, dalla polizia e dai rurales che ammazzano 200 lavoratori e ne imprigionano 400. Nel 1909 Zapata viene eletto sindaco di Anenecuilco. L’anno dopo, in seguito ad un infruttuoso incontro con il presidente Diaz e a vari tentativi di risolvere i problemi del pueblo per via legale, comincia a occupare e a distribuire terre. Il 1910 è anche l’anno in cui si lancia nella lotta armata. Dopo la morte di Torre Burgos per mano dei federales, diventa il capo indiscusso della rivoluzione del Sud. I suoi guerriglieri non abbandonano mai del tutto il lavoro, ma prendono le armi solo per respingere l’invasione. Mancano di esperienza organizzativa essendo stata proibita da Diaz ogni attività sindacale. Conoscono le idee anarcosindacaliste, soprattutto attraverso le relazioni degli emigrati negli Stati Uniti con i membri degli International Workers of the World (IWW). Partecipa alla rivoluzione di Francisco Madero per rovesciare il presidente Diaz, ma successivamente si mette a capo di un’insurrezione contro lo stesso Madero ritenendo non mantenuta la sua promessa riforma agraria. Nel 1914 marcia su Città del Messico insieme ad un altro rivoluzionario, Doroteo Arango – detto Pancho Villa – guida dei rivoluzionari del Nord. Gli abitanti della capitale hanno paura dell’Attila del Sud, però i rivoluzionari non commettono saccheggi né atti di violenza. In un gesto poi diventato famoso, Zapata rifiuta l’invito a sedere sulla poltrona presidenziale: “Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”. E torna nel Morelos, territorio libero dopo la fuga dei proprietari terrieri e dei federales. Grazie alla sua ferma richiesta restituzione della terra agli indios, gode di un appoggio incondizionato da parte di queste popolazioni, con le quali forma uno degli eserciti più agguerriti della rivoluzione messicana. Il grido libertario “Tierra y Libertad”, diffuso dalla rivista “Regeneración”, diventa uno dei simboli della rivoluzione. Zapata lo scrive sulle sue bandiere. Durante la presidenza di Venustiano Carranza, giunge a controllare metà del paese e, nelle zone che domina, proclama il “Piano Ayala” di restituzione della terra agli indigeni. Gli articoli 6, 7, 8 e 9 del Plan de Ayala riguardano in modo diretto la questione della terra: si chiede la restituzione di “terrenos, montes y aguas” usurpati a coloro che ne avevano i titoli di proprietà, in genere pueblos e piccoli coltivatori, e l’espropriazione del latifondo per sviluppare l’agricoltura ed eliminare la disoccupazione e la miseria. Il rivoluzionario messicano non è mai stato dichiaratamente anarchico pur essendo fortemente influenzato dal magonismo – movimento sorto nel 1892, che nella sua evoluzione ideologica finisce con l’aderire ai principi anarchici: antistatalismo, ateismo, egualitarismo, disprezzo dei meccanismi elettorali. Quasi invincibile sul piano militare, Zapata è attirato in un’imboscata tesagli dall’ufficiale traditore Jesùs Guajardo e assassinato il 10 aprile 1919, presso l’hacienda di Chinameca. Aveva sempre sostenuto che era meglio “morire in piedi che vivere in ginocchio”.



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