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giovedì 7 marzo 2024

IL CONSUMO DELLE APPLICAZIONI

Il frutto più velenoso della crisi è stato il rafforzamento dello Stato. Il ruolo che svolge non è più quello di un semplice gendarme o di un mero regolatore, ma quello di chi interviene. Lo Stato salva le banche, gestisce fondi per salvaguardare le imprese e stimolare la domanda, investe, stabilisce le linee guida per quella che chiama sostenibilità e protegge la fuga capitalista in avanti, in particolare la cosiddetta transizione ecologica (fondamentalmente elettrificazione dell’industria e dei trasporti) le cui scadenze sono state fissate nel Green Deal europeo, un monumentale programma di greenwashing delle grandi compagnie petrolifere e del gas, principali promotrici delle energie rinnovabili. Naturalmente, la finanza governa il mondo (i grandi fondi controllano da soli la metà del mercato mondiale); Ma gli Stati stanno preparando il terreno, lavorando al “cambiamento di modello”, costruendo reti nazionali intelligenti per penetrare più facilmente tutti gli aspetti dell’economia. Chiunque controllerà l’“economia sostenibile” avrà il potere. Il nuovo corso del capitalismo richiede più di una semplice svolta nel controllo sociale: richiede al centro la presenza dello Stato. Il potere finanziario è riconfigurato e concentrato grazie alla digitalizzazione assistita dallo Stato. Lo Stato partecipa e risolve: la “rivoluzione digitale” accelera la fusione tra le gerarchie politiche e le nuove oligarchie borsistiche e tecnologiche. Il livello appropriato di nazionalizzazione dipenderà dall’intensità delle crisi e dal conflitto che hanno generato. Nel linguaggio esecutivo: dipenderà dalla dolcezza degli “atterraggi” dell'economia e dalla debolezza delle resistenze incontrate.

Coloro che rivendicano l’eredità libertaria, soprattutto nel suo carattere proletario, si troveranno ad affrontare una realtà storica molto diversa da quella dell’era dei sindacati unici e dei comitati di quartiere. Non solo per l’egemonia ideologica e materiale delle nuove classi medie, o per l’automazione del lavoro industriale, o per la preponderanza dei servizi e la quasi scomparsa dei contadini, cioè per l’eliminazione della base de “la classe che lotta”. Le nuove tecnologie non solo hanno soppresso posti di lavoro nei processi produttivi, ma hanno spalancato le porte alla colonizzazione delle menti (o dell’“immaginario”), all’alienazione, dissolvendo ogni tipo di legame sociale, facendo evaporare relazioni che consentivano lo sviluppo di una cultura specificamente operaia, terreno esclusivo della coscienza di classe. Nell’era dei selfie, l’orizzonte comune della maggioranza proletarizzata scompare. Grazie allo sviluppo senza precedenti di uno spazio virtuale, la realtà è stata sommersa in un mare di rappresentazioni fantastiche, mentre la solidarietà collettiva ha lasciato il posto all’individualismo narcisistico e alle sociopatie. Invece di classi pericolose per le loro inclinazioni anarchiche, oggi ci troviamo con una “cittadinanza” eterea composta di moltitudini digitali sradicate, veri e propri sciami umani ciclotimici dediti al consumo di applicazioni.


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