Una didascalia avverte che “la vicenda e i personaggi di questo film sono ispirati a un drammatico fatto di cronaca realmente accaduto a Città del Messico”
Il piccolo Fenix vive con disagio la sua infanzia nel circo guidato dal padre Orgo, dissoluto e ubriacone, nonché lanciatore di coltelli. Concha, la mamma di Fenix, acrobata trapezista, è a capo di una singolare setta religiosa dedita al culto di una presunta santa martire, a cui vennero tagliate le braccia dai suoi stupratori perché con esse cercava di difendersi. Gelosa, Concha, dopo aver assistito alla demolizione della sua chiesa da parte delle ruspe del proprietario del terreno, scopre la tresca tra Orgo e la passionale Donna Tatuata. Questa, a sua volta, l’abbiamo vista bistrattare con gusto la figliastra Alma, una gentile sordomuta che con Fenix ha stretto un profondo legame di solidarietà tra disillusi. Furente, Concha getta dell’acido sugli amanti, ma Orgo, reso pazzo dal dolore, usa i suoi coltelli prima per staccare di netto le braccia alla moglie e poi per sgozzarsi. La Donna Tatuata fugge portando con sé Alma, davanti agli occhi disperati di Fenix che in un solo momento ha perso tutto. Diventato adulto, Fenix è rinchiuso in un manicomio dal quale evade quando la mamma sbuca dal nulla per riprenderselo. I due iniziano una nuova vita artistica simbiotica, nella quale Fenix funge da “braccia” della madre in curiosi spettacoli all’interno di un oscuro teatrino. La fusione
tra i due è così perfetta che lei può lavorare a maglia e suonare il pianoforte. Ma nel clima fanatico della propria memoria per quella ragazzina seviziata, che un tempo venerava davanti a una piscina piena di acqua rossa, che Concha condiziona e travolge il figlio, impedendogli di amare, di essere libero e spingendolo a pugnalare femmine. Fenix uccide così, brutalmente, la donna tatuata, la quale è diventata una prostituta di infima classe, che affida a chiunque Alma, ormai cresciuta e nauseata dalla propria schiavitù, fino alla fuga. Felix la ritrova, l'affetto e i ricordi fra i due sono restati puri e perfetti, forse lei potrebbe salvarne la mente e riscattarne la natura e l'anima di uomo. Ma lui dovrà uccidere altre volte, anche un transessuale che si è portato in casa, seppellire sotto la calce le proprie vittime, prima di eliminare perfino quella madre carnefice e pazza. Santa Sangre, ovvero il ritorno di Jodorowsky al tramonto degli anni ottanta, si potrebbe definire la sua summa teologica-grandguignolesca , la quintessenza di tutte le locure che lo hanno reso celebre. L’impressione è che il poeta mistico-crudele abbia deciso di offrire un film manifesto dei suoi umori, un film dizionario che riassumesse la sua genialità cinematografica. In Santo Sangre nonostante squarci allucinogeni a lui congeniali, l’andamento è più narrativo, scende a compromessi con le platee, specie quelle giovanili a cui il film è stato espressamente rivolto dall’autore. Santa Sangre ha succhiato ancora linfa vitale e macabri colori da Città del Messico,patria apocalitticadell’artista.“C'è tanta gente a cui non piace il colore rosso. C'è una barriera sociale contro il rosso. Se tutta la violenza contenuta nei film non mostrasse il sangue, la gente l'accetterebbe. La prima barriera contro questo colore è il rosso dei semafori. Poi c'è il terrore comunista. E il ciclo mestruale. E le emorroidi.” (Alejandro Jodorowsky)
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