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giovedì 29 settembre 2011

BUENAVENTURA DURRUTI parte quinta


Le Truppe fasciste intensificano i loro attacchi contro Madrid e la situazione diventa insostenibile per i difensori della capitale, abbandonati dai capi stalinisti e riformisti. La popolazione è pronta a difendere la città, ma purtroppo le armi sono insufficienti. Il coraggio è l'unico mezzo di difesa.
Il primo, terzo e ottavo raggruppamento seguono Durruti a Madrid. I miliziani si raggruppano a Barcellona, nella caserma Bakunin. Durruti li accoglie con un breve discorso: "Ho fiducia nella vittoria. Mi dispiace solamente che oggi sia costretto a parlarvi da una caserma. Un giorno le caserme saranno soppresse e noi vivremo in un regime di libertà!" La notizia dell'arrivo della colonna Durruti, il 14 novembre, solleva il morale dei combattenti madrileni che fronteggiano l'intensificarsi dell'offensiva franchista nel settore della città universitaria.
Il 15 novembre la colonna prende posizione sotto il tiro delle mitragliatrici nemiche.  Il combattimento è accanito e incerto: alla fine della giornata la colonna ha già perso un terzo dei suoi effettivi. L'’indomani, la lotta prosegue sempre più sanguinosa sotto le bombe dei Junkers tedeschi. Il 17, mentre la popolazione civile è sottoposta ad un atroce bombardamento aereo, blindati e truppe fasciste avanzano nella città universitaria.
Ci si batte casa per casa, con granate e all'arma bianca. Il 18, i 400 miliziani sopravvissuti, che patiscono nel fango e combattono senza riposo dal 15, sono sfiniti ma lo stato maggiore rifiuta di sostituirli. Yoldi e Manzana, due compagni di Durruti, sono feriti. AI mattino del 19 viene dato l'assalto ali l'Ospedale Universitario occupato dai fascisti. Verso le ore 14 Durruti è colpito da una pallottola vicino al cuore. 
Muore il giorno dopo, 20 novembre, alle 6 del mattino.
Il suo corpo viene trasportato nella sede CNT madrilena dove i miliziani lo vegliano tutta la notte. I funerali si svolgono il 23 novembre a Barcellona.
Qualunque sia stato il cecchino, la pallottola che ha ucciso Durruti è andata dritta al cuore della città.
Un abitante su quattro accompagna il feretro di Durruti, senza tener conto della popolazione che si trova lungo le strade del corteo funebre.
Nemmeno un mese dopo, la Pravda pubblica queste righe: "In Catalogna, l'epurazione degli elementi trotskisti e anarco-sindacalisti è iniziata; questa opera sarà condotta con la stessa energia impiegata in URSS.
Le giornate del maggio 1937 vedranno confermarsi questa previsione: stalinisti e riformisti daranno il colpo di grazia alla rivoluzione agonizzante.
Un anno più tardi, quando anche loro si appresteranno a conoscere la sconfitta, non esiteranno, in mancanza di un caudillo da contrapporre a Franco, ad imbastire un culto della personalità attorno al cadavere di Durruti. Il governo, non avendo più nulla da temere da un ribelle morto, lo nomina, in pompa magna e a titolo postumo, luogotenente-colonnello di quell'esercito nel quale lui si rifiutava di integrarsi.
Gli adulatori professionali gli innalzeranno un mausoleo che Franco farà radere al suolo.
La propaganda gli attribuisce impudentemente questa frase inventata, ripetuta di continuo: "E' la vittoria che conta, compagni. La rivoluzione la si farà dopo. Bisogna rinunciare a tutto, a tutto!"
L’espropriatore, l'antiautoritario intransigente comparirà in innumerevoli manifesti inneggianti la produttività e la militarizzazione.
L’'utopia in atto è stata divorata da una guerra civile in cui si affrontano due rackets, due soldataglie, due concezioni di schiavitù economica e statale.

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