L’organizzazione rivoluzionaria
L’organizzazione rivoluzionaria prima di tutto non dovrà considerarsi né essere staccata dalle masse, per conquistare la loro fiducia e non perdere di vista la realtà in cui deve operare. A tale scopo l’organizzazione rivoluzionaria deve da una parte essere a perfetta conoscenza del livello di coscienza delle masse lavoratrici e della problematica da essa più sentita, attraverso i contatti individuali, uno studio generale e sondaggi; mentre, dall’altra, deve giungere, anche mediante un’autocritica severa, alla consapevolezza della propria reale situazione rispetto alle masse, dei suoi successi ed insuccessi, delle proprie prospettive di progressi, e ad uno sviluppo della propria teoria in modo da adattarsi alla potenzialità rivoluzionaria del momento, ed alla ricerca di contatti più vasti e fruttuosi con le masse. Una volta giunta ad un livello di conoscenza soddisfacente, l’organizzazione rivoluzionaria può cominciare ad operare nelle masse, rifiutando ovviamente ogni canale di lotta politica offerto dal sistema (parlamento, sindacati, ecc.) in quanto strumenti creati per la conservazione del sistema stesso e non per la sua distruzione, e facendo opera di convincimento perché le masse rifiutino ogni forma di rappresentanza delegata, ed offrendo alle masse strumenti organizzativi che aboliscano nella prassi qualsiasi forma di delega del potere.
L’organizzazione rivoluzionaria dovrà quindi, oltre che propagandare la sua ideologia (che forse sarà difficilmente assorbita) mettere in risalto le contraddizioni del sistema, ingigantire il malcontento delle masse, inserirsi nelle loro lotte, anche settoriali e riformistiche, portando un nuovo metodo e un nuovo punto di vista per risolverle; dovrà cioè cercare di partire dalle rivendicazioni settoriali (salari, cottimi, ecc.) per tentare di dimostrare che non è con lo scioperino e la riformina che si risolvono i problemi del lavoratori, ma è autogestendo la lotta, contestando il potere alla radice, è cioè, con la rivoluzione che si risolvono i problemi sociali.
Ciò significa elaborare una strategia a tutti i livelli per programmare la propria azione di eversione da offrirsi alle masse come strumento di lotta risultante da un’analisi del momento storico. Tentare di partire dalle rivendicazioni riformistiche per arrivare a dimostrare che l’unica esigenza vera e reale, l’unica soluzione capace di risolvere il disagio è l’autodeterminazione, l’autogestione.
(Tratto da: Documento del gruppo La Comune di Milano, 1968)
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