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giovedì 4 febbraio 2016

Reinventarsi la vita ogni giorno

Solo dei morti o degli zombi possono ignorarlo, perché essere in vita significa, appunto, per ognuno, reinventarsi creativamente ogni giorno, lasciarsi portare spontaneamente dalla propria voglia/volontà di vivere a rifiutare a ogni tornante l’addomesticamento produttivista che insidia appunto la creatività e il dono da cui derivano istanti di felicità. Il susseguirsi di tali istanti nel’universo caleidoscopico di un’esistenza dà un senso alla nostra vita. Bene o male che ci si riesca, è comunque sempre su questo punto che si giocano tutte le prospettive dell’umano in una società disumanizzata dal profitto e dalle sue regole.
Quella che in mancanza di meglio (o di un termine adeguato) continuiamo a chiamare democrazia diretta, a differenza di tutte le altre forme di governo che l’hanno preceduta, non è una nuova forma di potere ma la primizia concreta della sua definitiva abolizione.
Una tale rottura di paradigma, tuttavia, implica anche un cambiamento radicale nei metodi e nei mezzi della lotta politica. Essa segna definitivamente la fine di ogni possibile leninismo, di ogni avanguardia che s’instauri per auto proclamazione nella gestione degli affari comuni.
Il vecchio mondo fondato sulla proprietà privata e sulla divisione del lavoro è disponibile a tutte le variazioni della scala gerarchica ma non può minimamente sopportare che la gerarchia sia abolita senza scomparire ipso facto. 
In questo senso la democrazia diretta è incompatibile con la società dominante fondata sulla coppia Stato/mercato quanto con tutte le forme alienate di contestazione sociale. 
Finché il potere in difficoltà riuscirà a identificare un’avanguardia separata come nemico, la recupererà o l’abbatterà per sopravvivere, indicandola alle masse confuse come capro espiatorio di turno. 
Si può osservare con tristezza e consapevolezza che finora tutti i tentativi avanguardisti d’instaurazione di una democrazia diretta sono falliti nella repressione e nel sangue. 
La vita appartiene a una nobiltà poetica di signori senza schiavi, 
il legame tra le nostre emozioni individuali, la loro valenza soggettiva e il loro depositarsi in dono e partecipazione sociale, trasforma l’ambito del politico in critica pratica della vita quotidiana.


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