Così per alcuni giorni tutti i compagni incaricati girano intorno alla zona di via Solferino, mappe alla mano per segnare le strade adiacenti al Corriere, e per individuare le caserme, i lavori in corso da trasformare in depositi di porfido, il percorso dei camioncini diretti alla centrale o all’aeroporto di Linate.

Alle 23.30 un razzo luminoso parte da largo Treves e scoppia in cielo: è il segnale. In pochi minuti le barricate vengono fatte, le auto incatenate, mentre più indietro i compagni preparano le bottiglie incendiare. L’ordine era di non tirare ai poliziotti ma dovevano servire ad incendiare le barricate per
DA VIA SOLFERINO A TUTTO IL CENTRO, DOVEVA ESSERE MESSA A FERRO E FUOCO, MA IL CORRIERE NON SAREBBE USCITO.
Verso mezzanotte iniziano le prime cariche, e sotto una pioggia di candelotti si abbandona la prima barricata, quando poi i poliziotti superano il primo ostacolo inciampano e cadono a terra grazie a centinaia di biglie di vetro sparse sulla strada. Così si ha il tempo per costruire una seconda barricata respingendo il primo assalto con lancio di mattoni e pietre prese da un vicino cantiere.
Una staffetta motorizzata fa la spola tra i vari gruppi comunicando difficoltà e risultati degli scontri; cariche e movimenti hanno fatto si che ora i focolai degli scontri sono sei: Solferino, Brera, San Marco, Moscova, Garibaldi, via Legnano. Ma è un continuo moltiplicarsi di barricate e scontri. La polizia non sa più dove andare, come arginare. La difesa del Corriere, che era stata così accuratamente preparata, si trovava ad essere superflua dal momento che non di assalto si trattava ma di accerchiamento a distanza. È l’una e trenta e i camioncini del Corriere per il centro Italia sono bloccati. La battaglia dura quasi cinque ore. Fino alle quattro del mattino il Movimento ha impegnato il battaglione Padova, il terzo Celere di Alessandria, insomma i migliori, quelli specializzati nel pestaggio degli operai.
Finiti gli scontri iniziarono i rastrellamenti e posti di blocco: trecentocinquanta furono i fermi.
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