L'ecologia sociale cerca di definire quale sia il posto che l'umanità deve occupare nella natura, nel senso di considerare l'insieme che gli esseri umani come parte della natura stessa, non negando, comunque, che esista una specificità umana rispetto alla vita non-umana, che si caratterizza per la capacità di pensare concettualmente e di comunicare simbolicamente. La natura però non va intesa come un luogo da osservare passivamente, ma è, piuttosto, "l'insieme dell'evoluzione, l'evoluzione nella sua totalità, proprio come l'individuo è la sua intera biografia, non una semplice somma di dati numerici. Gli esseri umani non sono soltanto una delle tante forme di vita. Sono esseri che per lo meno potenzialmente potrebbero rendere l'evoluzione biotica autocosciente e consapevolmente auto-direzionata. Quello che veramente ci fa unici, singolari nello schema ecologico delle cose, è che possiamo intervenire in natura con un grado di autocoscienza e di flessibilità sconosciuto a tutte le altre specie".
La preoccupazione è quella di evitare che all'antropocentrismo si sostituisca il bio-centrismo e che all'umanesimo si sostituisca l'anti-umanesimo, vale a dire che si cerchi di affermare una ideologia che, fondandosi su un biologismo semplicistico e astratto, consideri l'uomo e l'umanesimo come una sorta di maledizione che affligge la natura.
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