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giovedì 10 ottobre 2019

Alpi Libere

Per raccontare le Alpi libere bastava rivolgersi a lui, e che le aveva adottate. Simpatizzava per I ribelli e gli anarchici di ogni tempo, e se poteva li metteva sulle montagne, "rifugio di uomini liberi e baluardo di alterità religiosa e politica". Nel 1974, a 42 anni Buratti, aveva messo insieme un gruppo di disubbidienti per salire sul Monte Massaro, nelle Alpi Biellesi e posare il Cippo dedicato alla resistenza di Dolcino. Lo accampagnavano due donne molto anziane, vestite da altri tempi che conservavano lo sguardo rivoluzionario di quando nel 1907, poco più che bambini hanno visto l'obelisco anarchico bucare la nebbia e il cielo. Il fascismo si è affrettato ad abbatterlo vent'anni dopo e Tavo non se n'era dimenticato, provvedendo al nuovo chip e la citazione di Luca in piemontese "E allora chi non ha una spada prenda il mantello e se ne procuri una".
Buratti non amava Dolcino per motivi teologici ma perché era un simbolo di ribellione. Gli interessava ogni tipo di eresia contro ogni sorta di autorità, studiava e parlava le lingue delle minoranze, e percorreva le Alpi meno celebrate e più lontane dalle rotte turistiche perché dal suo punto di vista le montagne erano sempre stato un rifugio, Il luogo più amato dei disubbidienti e dei perseguitati; gente strana e testarda,  che in ogni posto in ogni tempo parlava una lingua incomprensibile al potere.
Il suo è un lavoro sugli sconfitti di ogni epoca, il cui sacrificio - sia il suo stato rappresentato dalla morte più o meno atroce per mano del nemico, o da repressioni e umiliazioni di vario genere, dall'emarginazione è spesso dall'oblio - non è tuttavia stato vano, in quanto ha contribuito all'edificazione su solide basi della libertà di pensiero, faticosa conquista (per quanto spesso non ancora non ovunque definitivamente acquisita) del mondo moderno.

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