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giovedì 3 ottobre 2019

La libertà in questo socialismo dello shopping

Se l’opposizione al totalitarismo dell’economia non comincia già nella nostra vita reale di individui, la speranza che l’uomo sia una merce resterà un pio voto, dal quale il corpo è destinato a essere l’altare depresso. Nello spettacolo l’uomo non è che una protesi della merce che consuma.
L’uomo capitalizzato è felice come una vittima consenziente, nel migliore dei mondi spettacolari.
L’ingiustizia dell’economia si basa sull’ineguaglianza del portafoglio delle persone, uguali da un punto di vista astratto in un mondo in cui tutto si paga. Essa condanna nei suoi tribunali della sopravvivenza quotidiana ogni deroga all’obbligo assoluto di pagare il prezzo di qualunque appropriazione, del minimo gesto di vita. La liturgia del potere si compiace a officiare nello spettacolo dell’impotenza collettiva. 
Tutti i nemici veri o presunti dello spettacolo sono rigettati senza distinzione come barbari dall’universo chiuso della grande superficie commerciale alla quale gli uomini economizzati stanno riducendo il mondo. Ogni idea pratica di gratuità e di libertà resta al di fuori di questa cosmologia orribile, e dunque anche qualunque effettiva possibilità di umanità.
La libertà in questo socialismo dello shopping si riduce al consumo e alla rinuncia. Desiderare altrove, desiderare altrimenti, sembra ormai inconcepibile ma, a diversi gradi di coscienza e di risoluzione, la volontà di vivere tutte le sensazioni, tutte le esperienze, tutti i possibili è presente in ogni uomo. Federare la volontà di tutti, rimettendo al centro l’autonomia individuale, emanciparsi dalle basi materiali della verità rovesciata è più che mai il contenuto concreto dell’auto emancipazione della nostra epoca. 

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