Lingue e linguaggi l’utilizzo del potere
Le lingue sono oggetto di una specie di mistica da chi le vuole pure e codificate una volta per tutte. Chi vuole codificare una lingua vuole dominare, vuole controllare, sia esso uno Stato o una comunità di specialisti. «Le parole restano i principali strumenti di controllo, le suggestioni sono parole, le persuasioni sono parole, gli ordini sono parole», ci ricorda William Burroughs. Le lingue non vanno codificate, devono servire a comunicare. Se non ci fossero le codificazioni statali soprattutto nelle zone di compresenza di idiomi e culture, le lingue muterebbero molto più velocemente e permetterebbero di comunicare. L'ideale sarebbe che si modificassero partendo dal desiderio e non dal colonialismo, ma non si deve temere l'omologazione, questo concetto regressivo lasciamolo alla destra. Le comunità e le individualità umane hanno una tendenza a diversificarsi, non è un caso che dal latino siano nati molteplici idiomi, non è un caso che dall'inglese stiano nascendo altre lingue. E possibile il mescolamento ed è possibile la poliglossia, non dobbiamo attribuire alla lingua più importanza di quello che ha, non dobbiamo aver paura del caos e del caso. L'importante è la libertà e l'uguaglianza. Quando qualcuno riuscirà a determinare il caos e il caso, allora si non avremo più possibilità di liberazione.
Lingue e linguaggi sono delle parole-chiave in questo passaggio storico. Il nostro tempo ha conosciuto una trasformazione profonda nei processi produttivi. Mentre la catena di montaggio escludeva ogni forma di linguaggio come fattore direttamente produttivo, oggi non si dà produzione senza comunicazione: anzi, lavoro e informazione si sovrappongono necessariamente per garantire il massimo effetto nel minor tempo possibile. Ecco l'avvento delle nuove tecnologie come vere e proprie macchine linguistiche, l'irruzione del linguaggio nella sfera produttiva.
Qualsiasi politica della lingua fa il gioco del potere, confortandolo con uno dei più fedeli sostegni. La codificazione delle lingue interessa al potere, la variazione lo disturba. Ma non la variazione dei dialetti o delle cosiddette lingue minori, ma la variazione, la mutazione incessante della materia comunicativa.
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