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giovedì 14 maggio 2020

La Ribellione come avversità ad ogni dominio

Ogni rivoluzione che vuoI essere veramente distruttiva dell' ordine esistente deve contenere almeno una parte della ribellione come superamento della storicità del dominio determinato; deve essere, in altri termini, pervasa da una dimensione metafisica. «Rivoluzione e ribellione non devono essere considerati sinonimi. La prima consiste in un rovesciamento della condizione sussistente o status, dello Stato o della società, ed è perciò un'azione politica e sociale; la seconda porta certo, come conseguenza inevitabile, al rovesciamento delle condizioni date, ma non parte di qui, bensì dalla insoddisfazione degli uomini verso se stessi, non è una levata di scudi, ma un sollevamento dei singoli, cioè un emergere ribellandosi, senza preoccuparsi delle istituzioni che ne dovrebbero conseguire. La rivoluzione mira a creare nuove istituzioni, la ribellione ci porta a non farci più governare da istituzioni, ma a governarci noi stessi, e perciò non ripone alcuna radiosa speranza nelle istituzioni. 
La ribellione, però, non è alternativa o indifferente alla rivoluzione perché è molto di più. Essa è sempre comprensiva dell'avversità ad ogni dominio storico, anche se, contemporaneamente, indica I'impossibilità per sé di auto-determinarsi in quanto negazione metafisica dell'onticità stessa del dominio.
La rivoluzione ordina di creare nuove istituzioni, la ribellione
spinge a sollevarsi, a insorgere. 
La natura profondamente anarchica della ribellione è dunque chiara: essa è diretta ad ottenere una situazione in cui gli individui non siano più governati da istituzioni (cioè da poteri stabiliti), ma si autogovernino da se stessi (modello perfetto dell'anarchia). 

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