Hanno ancora bisogno di farci credere che la sopravvivenza promossa a vita sia il controvalore sostanziale del lavoro come sacrificio necessario, occultando il più a lungo possibile la patente verità della vita come lavoro. Tanto meno orribile sarà la vita, tanto più ogni suo co-produttore vi si investirà per valorizzarsi, tanto più dunque il capitale dal volto umano realizzerà in ciascuno il suo valore.
Sfondando il muro di una soggettività già carcerata dalla storia, l’economia politica trabocca all’interno di ogni essere; rapidamente livella ogni vuoto, semplicemente occultandolo. Nel momento in cui l’identico si riproduce omogeneamente al di là come al di qua della soggettività trapassata, essa perde i tratti del carcere che è sempre stata, e assume i tratti dell’azienda produttrice. Ogni azienda produttrice è una zecca, da quando il denaro si è transustanziato in credito, e il capitale fittizio valorizza sul buon nome dell’impresa. Ogni azienda stampa il suo denaro inesistente, se leggi in trasparenza, al di là della facciata, le somme rosse del suo castelletto di sconto. Così in ciascuno il capitale realizza un imprenditore di sé: fondando ogni personalità come azienda, immettendola nella circolazione apoplettica del credito, dove a circolare è la generalità del non-avere. Il capitale che si fa uomo, fa di ogni uomo il capitale, di ogni vita l’impresa del valore, di ogni persona un’azienda in debito permanente del suo senso, creditrice permanente del non-senso generalizzato.
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