"Qualcosa bussa e ribussa, impazientemente, alla nostra porta.
Bisognerà pur aprire un giorno o l'altro... Molti si rintanano.
Non solo i vigliacchi — no, anche La gente troppo calma o troppo fine.
Costoro non vogliono immischiarsene. Ma li si immischia; sono trascinati di
continuo dalla corrente; i paraocchi non servono a niente. Persino la lingua
fallisce pietosamente, questa lingua ereditata dal vecchio mondo, con i suoi
vecchi fioretti, le sue immagini balorde, i suoi ornamenti di un'altra èra.
Nulla corrisponde più, le antiche parole cadono su se stesse perché non si
aggrappano più a niente di ciò che è nuovo. Sono altezze che nessuno scherzo,
nessun motto di spirito, nessun precetto di saggezza riesce a raggiungere.
L'età borghese se ne va. Ciò che viene, nessuno lo sa.
Molti ne hanno l'oscuro presentimento, e vengono scherniti per questo.
Le masse oscuramente lo avvertono, incapaci di esprimersi e (ancora) soffocate.
Ciò che si vede scontrarsi mollemente, mostrare i denti da una parte e
dall'altra, poi gettarsi ciecamente sull'avversario — infondo infondo, sono
l'Antico e il Nuovo, è l'irreconciliabile opposizione tra ciò che è e ciò che sarà.
Un maremoto s'infrange sulla terra.
Non è unicamente di natura economica,
non si tratta soltanto di mangiare, di bere e di guadagnare dei soldi.
Non si tratta solamente di sapere come verranno distribuiti
i beni economici della terra, chi deve lavorare e chi deve sfruttare.
No, ciò che è in gioco è altro: tutto."
(Kurt Tucholsky (1890-1935) – pubblicista e romanziere notissimo in ambito tedesco, poeta e cabarettista raffinato, nonché pacifista militante – rappresenta il simbolo di quell’“altra Germania”, che già negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale ha denunciato i segni premonitori della deriva autoritaria e militarista della società tedesca. Le contraddizioni allora da lui rilevate costituiscono ancora per noi “futuri lettori” un fertile e attualissimo banco di prova.)
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