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mercoledì 7 dicembre 2011

ROVESCIARE LA PROSPETTIVA DEL MONDO

La società come prigione di cui siamo anche carcerieri è un fatto. Si mantiene anche, ma non solo, grazie alla comunicazione a senso unico, che riesce a celare alla meno peggio il vero fulcro del dominio quale è il monopolio della violenza da parte dello stato. 
Questo potere di coercizione e di cancellazione del dissenso si è instaurato ben prima di elargire “graziosamente” i diritti civili come il voto, che, inscenando la democrazia rappresentativa, garantirebbe la sovranità popolare.
Come liberarci da questa falsificazione e garantirci che non si ripresenti per l'ennesima volta in nuove forme?
Non esistono sistemi che garantiscano la libertà di tutti se si propongono di cominciare col toglierla a qualcuno....
Non basta togliere il potere a chi ce l'ha occorre che ciascuno si munisca di un proprio potere di pensare e di agire costituendosi come parte di una collettività di individui pensanti, federati per essere ciascuno il testimone e il custode della libertà di tutti. Significa ribaltare il concetto stesso di legge e di sovranità, non più un modo di costringere gli altri, ma una responsabilità di realizzare le proprie idee trovando anche le energie per attuarle e incoraggiando altri ad unirsi.
Dobbiamo sostituire il circolo vizioso del dominio e della sanzione violenta con il circolo virtuoso dell'esempio e della parola libera.
La società non sia più la prigione a cui siamo tutti condannati ma un luogo felice da edificare con le forze e le idee di tutti ben armonizzate tra loro.
La libertà di tutti comincia dallo scambio gratuito di diverse sensibilità, diverse opzioni individuali e sociali. Ognuno deve poter prendere dagli altri quel che sembra migliorare il senso della vita, lasciando quel che ne complica le realizzazioni.
L’umanità dell'essere umano è infatti il dono che ognuno fa a se stesso per il piacere di tutti. Il dono che include tutti gli altri.
Come direbbe qualcuno: l'umanità soggettiva si nutre di un sogno che deve soltanto arrivare alla coscienza per diventare realtà.
La rivoluzione sociale bussa dunque alla nostra porta nel nome di una felicità per tutti e non in quello di un qualunque risentimento corporativo di ruolo o di genere. 
Se anche non riusciremo a rovesciare la prospettiva del mondo avremo avuto ancora una volta il piacere concreto di averci provato.

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