Quello che sta avvenendo sul pianeta ad una velocità impressionante è una distruzione di tale proporzioni che non necessita di alcun strumento o specialista per rendersene conto. L’ecocidio in atto ha ormai raggiunto e superato quasi ovunque la soglia dell’irreversibilità: gli stessi elementi che rendono possibile la vita sul pianeta stanno scomparendo, un ecosistema più complesso nella sua integrità è diventato una rarità. Questo sistema sta lavorando al dopo: dopo aver garantito e messo in atto un saccheggio e una distruzione senza precedenti, si appresta a far a meno della natura e quindi anche dell’uomo, per come si è inteso fino ad ora essere umano. Ma non stiamo parlando di un salto che sta per compiersi da parte del totalitarismo tecnologico. La tecnologia, trama del nostro quotidiano e dimensione interiorizzata che plasma e modifica la stessa realtà, non fa salti, può stare nascosta per anni in qualche laboratorio di ricerca, ma assolutamente non fa salti. Ci siamo già dentro a pieno a questa singolarità, come è stato definito questo radicale cambiamento in corso. Dal chip sotto pelle ai droni sui quartieri a “rischio” l’avanzata del dominio tecnologico è lenta e inarrestabile: talmente lenta che neanche ce ne rendiamo conto. Ma è una finta lentezza: se gaggets tecnologici, diventati protesi nel nostro quotidiano come i cellulari, si rinnovano in tempi sempre più corti, lo stesso avviene per le tecnologie militari e di controllo. Con un certo eufemismo, si potrebbe dire che quello non immediatamente utile al militare viene lasciato al pubblico per farlo concentrare sulla propria alienazione o per affinare intorno a se quella vasta gabbia tecnologica, di cui l’espressione più evidente è il cosiddetto “internet delle cose”: sempre connessi e sempre sotto controllo! Il ruolo delle grosse multinazionali come sempre è chiave, quando è in corso un cambiamento di tali proporzioni e dalle così vaste implicazioni per il futuro, ma non si può ridurre tutto alle compagnie come IBM, Monsanto, Basf … per citarne solo alcune. La questione è molto più ampia e complessa, coinvolge tutto il sistema della ricerca scientifica dell’alta tecnologia e un determinismo tecnologico che ci vuole sempre più imbrigliati. Ci sentiamo di puntare forte l’attenzione sull’interconnessione delle scienze convergenti: biotecnologia, nanotecnologia, neuroscienze, informatica. Sentiamo di dare un ruolo particolare alle nanotecnologie e al nanomondo che si sta realizzando passo dopo passo, dove le decisioni sono già state prese e partecipare al dibattito con i loro tavoli truccati non significa altro che consolidare il proprio sfruttamento in forma consensuale. In questo stato di cose anche le normali manifestazioni di consenso vengono meno o si fanno superflue, una tecnologia che si è fatta sistema muove i suoi passi a prescindere da noi. L’ingegneria genetica va di pari passo con l’ingegneria sociale, dove il vivente viene snaturato della sua stessa essenza e dove questo “uomo nuovo” deve essere il miglior custode della gabbia. Le nanotecnologie non sono arrivate dal nulla, come dicono gli stessi estimatori il debito verso le biotecnologie è enorme, non sono altro che la loro continuazione. Per questo pensiamo sia necessario non separarle mai, mettendone in luce la comune origine e il medesimo percorso. Il terrore dei sostenitori del nanomondo è vedere ripetersi quello che è avvenuto con gli ogm, dove una visione fortemente negativa ha preso piede in tutto il mondo creando numerose resistenze.
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