La natura, o meglio quel che ne è rimasto, ci ricorda amaramente quanto depravata, gelida e ingannevole sia la nostra vita moderna. La morte del mondo naturale e la penetrazione della tecnologia in ogni stilla di vita, o in quel che ne resta, procede con impegno sempre maggiore. Facebook , giochetti, cyber tutto, realtà virtuale, Intelligenza Artificiale, sempre più oltre, fino a giungere alla Vita Artificiale, l’ultimo traguardo della scienza postmoderna.
Nel frattempo la nostra postindustriale età del computer ha avuto come risultato pratico quello di renderci più che mai appendici della macchina. Le statistiche rilevano che ogni anno vengono perpetrati un milione di crimini contro la persona che hanno per teatro proprio quei luoghi di lavoro sempre più sotto sorveglianza informatica, e che negli ultimi anni il numero dei dirigenti uccisi è raddoppiato.
Questa macchina immonda si aspetta, nella sua arroganza, che le sue vittime continueranno ad accontentarsi di votare, riciclare e fingere che andrà tutto bene. Per citare Debord:”Ci si aspetta che lo spettatore semplicemente non sappia nulla e non meriti nulla”.
Civiltà, tecnologia e un ordinamento sociale spaccato sono gli elementi di un tutt’uno indissolubile, un viaggio verso la morte intimamente ostile al miglioramento qualitativo. Le nostre risposte devono dunque essere qualitative, e non quantitative come lo sono i palliativi che oggi perpetuano ciò a cui dobbiamo porre fine.
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