Il ’68 fu l’intuizione che non bastava più rovesciare il potere, abbattere lo Stato, per conquistare la Felicità e la Giustizia, ma bisognava cambiare tutta intera la società, respingere la separazione tra privato e pubblico, organizzare e condurre in prima persona la rivolta.
M. Monicelli, L’ultrasinistra in Italia. 1968-1978
Firenze. Si entra mostrando la tessera, parlamentando col picchetto. Nella facoltà occupata gli studenti sono riuniti in commissione, la barba come i patrioti del Risorgimento, le giacche di pelle, i maglioni blu, gli occhi lucidi. Avant’ieri sono stati caricati dalla polizia con violenza bestiale, ieri sono stati schedati dai carabinieri, domani finiranno in un’aula di tribunale.
S. Viola, Libro e manette studente perfetto
FIORENTINI nel quadro della repressione delle agitazioni studentesche, che ha già provocato le violenze fasciste della polizia a Pisa e a Torino, la polizia, con l’autorizzazione del Rettore, è entrata nella facoltà di Magistero occupata, per individuare i «responsabili» di una occupazione voluta e sostenuta da una assemblea di oltre 400 persone. Questo gravissimo fatto, che si verifica per la prima volta nell’ateneo fiorentino, denuncia la malafede di un Rettore che afferma verbalmente l’autonomia dell’Università e dice di voler al suo interno un dialogo ed una «atmosfera di famiglia», ma in pratica avalla l’operato della polizia stabilendo un precedente gravemente lesivo di ogni valore democratico.
Volantino firmato dal Comitato di Agitazione della Facoltà di Magistero di Firenze
Una cinquantina di studenti attendono nei corridoi l’inizio della lezione di Franco Venturi, l’illustre storico dell’illuminismo. Sono quasi tutti del comitato di agitazione. Poco prima è stata presa la decisione di interrompere la lezione per protesta […]. Se Venturi non accetterà di sostituire la lezione con un dibattito, si abbandonerà l’aula. Venturi non accetta il dibattito. Entra nell’aula seguito dagli studenti poco dopo le vecchie panche dei corridoi sussultano alle sue urla. «Esigo il silenzio», «io non discuto con la folla», «quando la lezione è incominciata, non si parla», «le concedo una unica libertà: quella di usare il piede destro e il piede sinistro per andarsene»… […] Subito dopo gli studenti abbandonano l’aula; ad ascoltare la lezione sull’illuminismo rimangono una mezza dozzina di giovani.
M. Signorino, Il potere studentesco
L’agitazione è iniziata sottoponendo a critica il concetto di cultura come patrimonio posseduto ed elargito dalle istituzioni universitarie. Il risultato della discussione è stata la critica del concetto di cultura come dato oggettuale reperibile in qualsiasi sede. Il fatto che le nozioni ammannite dall’Università fossero sclerotiche, avulse dai problemi politici e culturali del «mondo esterno», succubi della tradizione accademica e poco interessanti, è stato il comune denominatore che ha spinto gli studenti a impostare un tipo di agitazione in cui la cultura venisse affrontata ed elaborata in modo più egualitario, cercando di spezzare l’isolamento della cultura accademica dai problemi politici che travagliano l’umanità.
G.Viale, Contro l’università
Nella fatti-specie è bastato che l’Università in oggetto si dichiarasse «cattolica» cioè basata su imprecisati valori e «scopi» morali, perché le richieste degli studenti apparissero un parto del Demonio. È importante notare come gli studenti della Cattolica abbiano saputo affrontare questo ricatto dei valori di copertura ed anzi siano giunti a dichiararlo apertamente come quando, alla polizia che li caricava, facevano presente essere «cattolici non marxisti». La religione – noi crediamo – è esterna ai problemi che si pongono ai giovani come classe, nella misura in cui constatiamo come le evoluzioni conciliari proprio qui alla «Cattolica», si dimostrano solo copertura di un apparato oppressivo che è ancora quello di Gedda. Se così non fosse gli strumenti del ricatto morale, come quelli comunisti del ricatto ideologico, troverebbero facile presa e felice esito.
Da Torino a Cagliari, Università e scuole medie
Qualunque sforzo per «egemonizzare» il movimento che si presenti come proposito di conquista degli studenti a una strategia politica precostituita e preordinata è destinata al fallimento perché fondamentalmente in contrasto con la linea del movimento
C. Petruccioli Assemblea o delega
La sua valigia può essere piena
di un regalo rubato in fretta
di una rosa da portare a cena
a una moglie, a una donna che aspetta.
Nessun uomo è un uomo qualunque
la sua valigia può essere piena
di un pigiama portato in galera
di una giacca voltata due volte
libertà e povertà in una sera.
Nessun uomo è un uomo qualunque
la sua vita può essere piena
di un dolore che gli brucia il petto
e che gli fa piegare la schiena
di un dolore che noi gli dobbiamo pagare in rispetto.
Nessun uomo è un uomo qualunque
la sua testa può essere piena
del ricordo di un sogno da dire
quei pensieri che non servono a niente
ma si baciano un po' l'avvenire.
Nessun uomo è un uomo qualunque
la sua vita può essere piena
di un respiro che gli fotte il petto
e gli fa indolenzire la schiena
del silenzio del mondo che compie un delitto perfetto.
Nessun uomo è un uomo qualunque
il suo corpo può essere pieno
di un amore cercato da tanto
di un amore pensato di corsa
di un amore che non perde il treno.
Nessun uomo è un uomo qualunque
la sua vita può essere piena
di un amore che gli brucia il sesso
e che gli fa inarcare la schiena
di un amore che noi gli dobbiamo pagare adesso.
È innegabile che stiamo vivendo una trasformazione generale in tutti i campi. Le strutture portanti, vissute a suo tempo fisse e immutabili, assieme agli schemi interpretativi cui si dava un valore assoluto oltre il tempo e le contingenze, sono saltati o mutati. Anche l’anarchismo, che non è un’ideologia fissa né un’idea contingente legata alla fase storica del momento in cui sorge, non poteva non essere investito dal cambiamento. Dappertutto, fuori dai canali istituzionali e partitici e non in forma identitaria di appartenenza ideologica, sorgono spontanee molteplici modalità di sperimentazione alternativa e radicale. Propongono tutte, seppur in modi differenti, tipologie autogestionarie, antigerarchiche e orizzontali, non leaderistiche, non autoritarie, in uno spirito di condivisione sociale solidaristico e mutuale.
Il sistema vigente di dominio, in seria difficoltà e afflitto da una profonda crisi di senso di valori e di funzionamento, sta innestando suo malgrado processi di sovversione dalle molteplici caratteristiche. Sempre più individui in ogni latitudine della terra sentono il bisogno collettivo e individuale di giustizia e di un modo diverso di essere società. L’anarchismo, che ha in sé i germi di una visione fondata su reciprocità, solidarietà e cooperazione senza forme di dominio, potenzialmente risponde in pieno a queste richieste che stanno avanzando.
Appare sempre più spesso nelle piazze in rivolta, nelle manifestazioni irregolari di massa, nei canali alternativi che si oppongono ai vigenti sistemi di dominio economico e politico costruendo reti di cooperazione e distribuzione esterne alle gestioni ufficiali. A volte si presenta in modo visibile con i simboli consueti delle bandiere rosse e nere e delle A cerchiate. Più spesso non è dichiarato e si fa riconoscere per i metodi usati e le pratiche messe in campo. Anche se questi nuovi ribelli non si dichiarano anarchici, l’anarchia è individuabile nei processi messi in atto. In tutto il mondo il nuovo anarchismo non identitario sta rappresentando l’alternativa sociale del futuro e si sta diffondendo con forza e incisività in quanto agire anarchico, non in quanto movimento politico.
Graeber in proposito è molto chiaro: «Ovunque, dall’Europa dell’est all’Argentina, da Seattle a Bombay, i principi e le idee anarchiche stanno generando nuovi sogni e idee radicali. Spesso i loro esponenti non si definiscono anarchici … Eppure, ovunque si trovano gli stessi principi fondanti: decentralizzazione, associazione volontaria, mutuo appoggio, il modello a rete e, soprattutto, il rifiuto del concetto che “il fine giustifica i mezzi” e ancor più il pensiero che il compito di un rivoluzionario non sia di ottenere il potere di uno stato per poi imporre un’idea ad armi puntate … È chiaramente un processo di lunga durata. Ma il secolo anarchico è appena iniziato.»
Chi comanda deve usare la violenza, appunto perché è in minoranza e deve impedire costantemente la ribellione degli oppressi. Questi, per liberarsi, per essere veramente uomini padroni della propria vita e del proprio lavoro, devono prendere loro il potere, devono sconfiggere la minoranza violenta, devono usare una violenza più forte. Questa violenza non è distruttrice: è creativa. La violenza rivoluzionaria è l’unica possibilità effettiva di instaurare una società dove non vi siano più oppressi ed oppressori, dove il potere si eserciti sotto il controllo reale di tutti.
M. Capanna, La contro violenza rivoluzionaria
Nel ’68 il Movimento studentesco era il Movimento studentesco: c’erano dentro tutti, tranne qualche microgruppo maoista. Poi iniziarono a nascere i gruppi, o gruppuscoli, come diceva il Pci, o sedicenti gruppuscoli, come diceva la stampa più cattiva. Il sogno di tutti era fare il grande partito, più o meno leninista, che avrebbe finalmente fatto la rivoluzione che quelli antipatici del Pci non volevano più fare.
J. Fo – S. Parini, ’68. C’era una volta la rivoluzione
Occorre giungere alla pratica di una militanza di tipo nuovo, emblematicamente: il «Che» non teorizza la guerriglia senza farla: va a morire in un’imboscata. Non si può più accettare la delimitazione dell’ambito universitario, perché il militante, quand’è rivoluzionario non può settorializzare la contestazione, ma deve intervenire in ogni piega del tessuto sociale, ovunque si verifichi l’oppressione capitalistica. Essere presenti nella fabbrica e nella scuola non basta perché l’operaio e lo studente vivono anche altrove l’alienazione quotidiana: in famiglia, nella chiesa, nell’esercito, nei mass-media ecc. L’offensiva del Ms non può che essere generalizzata e la ripresa delle lotte dovrà avvenire mettendo al centro la condizione complessiva dello studente e dell’operaio nel contesto sociale.
M. Capanna, Movimento studentesco: bilancio di un anno di lotte
Gli studenti alla città il primo giornale di controinformazione studentesco. Dopo gli scontri alla questura e i fatti di Avola all’interno del Movimento Studentesco si sente l’esigenza di un organo di controinformazione. Le lotte, i morti, le botte, tutto veniva falsificato, non solo il Corriere della sera, ma tutta la stampa in genere faceva a gara a sputtanare il movimento. Iniziamo le riunioni quasi in sordina: un cartello firmato M.S. che indice riunioni settimanali sull’organo di controinformazione. Nessuno dei grandi partecipa direttamente, ma in breve l’iniziativa raccoglie una decina di compagni che decidono di passare all’azione.
Valcarenghi, Underground a pugno chiuso!
Centinaia di incriminati cariche selvagge di poliziotti, arresti, condanne, perquisizioni domiciliari, torture, percosse, intimidazioni, interrogatori ideologici. L’apparato repressivo dello Stato italiano si è scatenato contro il movimento universitario, tentando di decapitarlo con gli stessi metodi e la stessa ostinazione che il fascismo dei primi anni adottava nei confronti dell’opposizione democratica. La Costituzione, la legge, i diritti dell’uomo, le norme di convivenza di una società civile, tutto è carta straccia per il poliziotto con il manganello alzato, per chi gli ha impartito l’ordine di alzarlo. E a Roma, a Pisa, a Torino, a Trento ovunque da mesi gli studenti si battono contro le strutture autoritarie e classiste della scuola e della società italiana, regime ed establishment hanno alzato la bandiera della vendetta contro i loro figli eretici e ribelli.
G. Loteta, La linea dura della repressione
Decine di case perquisiste e messe a soqquadro nel corso della notte, decine di studenti trascinati in questura e sottoposti a brutale e prolungati interrogatori; mandati di comparizione e minacce di nuovi mandati di cattura: anche a Roma lo stato borghese ha mostrato il suo volto repressivo.
ROMA NON è che l’ultimo episodio - Oltre 2000 fra studenti e operai colpiti dalla repressione. A Torino Guido Viale è in carcere per la seconda volta da quindici giorni per aver solidarizzato con gli operai della FIAT in lotta. A Pisa 7 studenti universitari e operai del gruppo «Potere Operaio» sono da quasi un mese in carcere senza processo per aver protestato insieme agli studenti romani contro l’arresto ingiustificabile di un loro collega […]. A Parma, Venezia e Cagliari brutali interventi contro le grandi manifestazioni e gli scioperi generali di protesta.
Volantino del movimento studentesco romano, Contro la repressione intensifichiamo la lotta
Guardate, fratelli miei, la primavera è arrivata;
la terra ha ricevuto l'abbraccio del sole
e noi vedremo presto i risultati di questo amore!
Ogni seme si è svegliato.
E così anche tutta la vita animale.
E grazie a questo potere che noi esistiamo.
Noi perciò dobbiamo concedere ai nostri vicini,
anche ai nostri vicini animali,
il nostro stesso diritto di abitare questa terra.
Quando avrete abbattuto
l'ultimo albero
quando avrete pescato
l'ultimo pesce
quando avrete inquinato
l'ultimo fiume
allora vi accorgerete
che non si può
mangiare il denaro
E’ stato il Grande Spirito a porre qui la terra
e non possiamo venderla perché non ci appartiene.
Potete contare il vostro denaro
e potete bruciarlo nel tempo in cui un bisonte piega la testa
ma soltanto il Grande Spirito sa contare i granelli di sabbia
e i fili d'erba della nostra terra.
Quando il lavoro prende il posto della raccolta delle risorse che la terra, l'acqua, le foreste, il vento, il sole, la luna, le stagioni offrono all'ingegnosità umana, esso sostituisce alla relazione simbiotica degli uomini e della natura un rapporto di violenza. L'ambiente e la vita che ne deriva scadono al rango di paesi conquistati e da riconquistare senza sosta. Il produttore li tratta da ribelli da subdoli nemici.
La natura ha conosciuto la stessa sorte della donna, ammirabile come oggetto, disprezzabile come soggetto. E' stata violentata, strapazzata, saccheggiata, spezzettata in proprietà, mortificata giuridicamente, esaurita fino alla sterilizzazione. Il corpo allenato al va e vieni dei muscoli e alle ridondanze dello spirito non è forse il trionfo della civiltà sui "bassi istinti!, cioè sulla ricerca dei piaceri?.
E' risaputo come tante virtù che governano la felicità abbiano propagato il gusto di distruggere e di distruggersi. Quando la fabbrica del lavoro universale non assorbiva l'energia libidica, l'eccedente si sfogava in conflitti di interesse e di potere che le grandi Cause, tanto diverse quanto sacre, portavano a passeggio di bandiera in bandiera. Tuttavia anche la natura umana si consuma e l'edonismo. che riduce la soddisfazione dei desideri al consumo di piaceri surgelati, è buon contemporaneo delle foreste moribonde, dei fiumi senza pesci e dei miasmi nucleari.
Il lavoro ha talmente separato l'uomo dalla natura e dalla sua natura che ormai niente di vivente si può investire nell'economia senza che prenda il partito della morte. E' concepibile che appaiono altre direzioni e che la gratuità, un tempo tacciata di irrealismo sia ormai la sola realtà da creare.
LA “COMUNE UNIVERSITARIA”
La ribellione degli studenti contro la gerarchia universitaria e suoi strumenti (ruoli, gradi accademici, strutture didattiche-disciplinari e amministrative, ecc.) si fonda su una “formulazione nuova sul concetto di uomo” in quanto convivente come singolo con gli altri, in spirito e in realtà di eguaglianza senza privilegio, per nessuno, di sfruttamento di potere, di giudizio. Quindi può è deve affermarsi come “rivolta contro tutto il sistema sociale basato sulla gerarchia e sulla dittatura imperialistica dell’economia o degli Stati”.
Tale ribellione può avere valore solo se si esprime come “rivoluzione contro la colonizzazione dell’uomo” attualmente programmata a livello totale e planetario dell’imperialismo produttivistico-militare (così nella versione del neocapitalismo occidentale come in quella del neocapitalismo statalsocialista) per mezzo, non delle volontà, e delle intenzioni popolari ma di quelle molto meno umanistiche e interessate, delle gerarchie economico-militari, delle burocrazie politiche e statali, dei privilegi psicopedagogici ecclesiastici, mediante l’uso di strumenti tradizionali riformati, cioè adattati alle nuove dimensioni del potere, quali sono le polizie, il sistema elettorale, il sistema fiscale, le associazioni gregarie e sindacali, gli apparati educativi e istituzionali, il sistema generale di produzione e di consumo.
Tale ribellione può avere “valore rivoluzionario” tanto a livello tattico, come azione autonoma e provvisoriamente settoriale (aperta esclusivamente agli studenti) quanto a livello strategico, se e nella misura in cui gli studenti si rendono conto che i loro interessi coincidono con quelli di tutti i colonizzati non solo e non prevalentemente dei colonizzati dei paesi del Terzo Mondo, ma di quelli che soggiacciono, all’est e all’ovest, alla gerarchia del lavoro alienato e alle strutture istituzionalizzate del capitale, privatistico o statale.
Tale ribellione perciò e politicamente e programmaticamente concepita come lotta non solo contro le strutture sia tradizionali che moderne, dall’imperialismo produttivistico occidentale e orientale, ma anche contro qualsiasi mistificazione di parte socialista, del sindacalismo e del partitismo operaistico e classista, e contro qualsiasi mistificazione di parte religiosa, della carità interclassista pro e previdenziale di marca ecumenica e curiale.
Il rifiuto sistematico e metodologico di qualsiasi riconoscimento del potere dei suoi organi non solo come controparte, ma anche come strumento di forza da conquistare per produrre il crollo della vecchia società e l’organizzazione della nuova, conferisce alla ribellione studentesca il carattere rivoluzionario di “avanguardia anarchica” e di “guerriglia anarchica di liberazione” sia pure concepita se l’intelligenza degli avversare lo consente, come “guerriglia disarmata”; nello stesso tempo rende ancora utilizzabile e ripropone come modello grezzo di struttura sociale alternativa la “Comune di Parigi”. (…)
(La Federazione Anarchica Giovanile Italiana(Fagi),
“Umanità Nova” del 16/3/1968)
I menestrelli folli di Dio, I seguaci della Via dell'amore, i mistici trovatori che vagano per le campagne dell'India orientale diffondendo il messaggio che l'unione col divino può essere compiuta all'interno stesso del nostro corpo. Con canti e danze esaltano l'armeggio amoroso tra Radha e Krishna. Liberi dai dogmi, nemici di ogni integralismo, profondamente spirituali, seguaci del tantrismo, non seguono alcuna dottrina stabilita, il loro sentiero verso l'estasi passa attraverso la sacra ironia, la musica, l'anarchia sociale, le pratiche di yoga sessuale. In una società profondamente maschilista, le donne bauls hanno gli stessi diritti degli uomini. L'adorazione del principio femminile, della Dea (Vergine, Seduttrice, Puttana, Madre Benevolente, Distruttrice Terrifica) è parte delle loro pratiche. Portano felicemente alla gente dei villaggi le loro conoscenze esoteriche, una sintesi di sufismo, tradizioni tantriche e induismo, mascherandole da canzoni piene di doppi sensi sessuali, giochi di parole e satira sociale. Malvisti dai bramini per la loro libertà, dagli indiani occidentalizzati per la loro bizzarria sono molto rispettati dalla gente delle campagne. E' rassicurante sapere che oggi continuino a vagabondare per le strade dell'India come hanno fatto da secoli. Le loro liriche hanno ispirato il grande poeta Rabidranath Tagore, Bob Dylan (che li ha celebrati nella copertina del suo album John Wesley Harding) e soprattutto Allen Ginsberg (il desiderio di incontrarli è stato il propellente nel 63 per il suo primo viaggio in India).
Gli ecoanarchici tendono a considerare la civiltà come la logica, le istituzioni e l'apparato materiale dell'addomesticamento, del controllo e del dominio. Anche se i diversi individui e gruppi danno priorità ad aspetti distinti della civiltà (per esempio i primitivisti si concentrano tipicamente sulla questione delle origini, le femministe essenzialmente sulle radici e sulle manifestazioni del patriarcato e gli insurrezionalisti principalmente sulla distruzione delle attuali istituzioni di controllo), la maggioranza degli ecoanarchici concorda sul fatto che essa è il problema di fondo o l'origine dell'oppressione e deve essere smantellata. L'avanzamento della civiltà può essere descritto a grandi linee come il passaggio,nel corso degli ultimi 10.000 anni,da un'esistenza integrata e profondamente collegata alla trama della vita a un'esistenza separata che controlla il resto della vita. Prima della civilizzazione,si disponeva di abbondante tempo da dedicare ai propri interessi e piaceri e vi era notevole autonomia e uguaglianza fra i sessi, un atteggiamento non distruttivo nei confronti del mondo naturale,l'assenza di violenza organizzata,
nessuna mediazione o istituzione formale,buona salute e robustezza fisica. La civiltà ha inaugurato la guerra, la sottomissione delle donne,la crescita della popolazione, il lavoro di fatica, il concetto di proprietà, le gerarchie costituite e praticamente ogni malattia nota, per nominare solo alcuni dei suoi derivati devastanti. La civilizzazione comincia con e si basa su una rinuncia forzata alla libertà istintiva. La civiltà non può essere riformata ed è quindi nostra nemica.
Antiautoritario il movimento studentesco fu in tutti i paesi, ma là dove questa sua caratteristica fu meglio analizzata e divenne cardine politico, fu la Germania. Il quadro teorico era stato fornito dai lavori dell’Istituto di ricerca sociale di Francoforte. I titoli di questi lavori, fin dagli anni ’30 esplicitano l’intreccio dei vari campi in cui si realizzerà la “lotta contro l’autoritarismo”: 1936: Marx Horkheimer e altri, Studi sull’autorità e la famiglia; 1950, Theodor W. Adorno e altri, La personalità autoritaria; fino al primo libro della seconda generazione francofortese, La sfera pubblica di Jurgen Habermas; 1962.
L’analisi antiautoritaria ritiene che il tardo capitalismo ha trasformato la società in qualcosa di nuovo rispetto al tradizionale pluralismo delle democrazie liberal-borghesi. Vi è una integrazione di tutti gli elementi che non lascia più spazio
a effettive opposizioni: alla tradizionale classe dirigente della borghesia si sostituisce un apparato che domina tutte le istituzioni – burocrazia, magistratura, polizia, esercito, grandi imprese, partiti, sindacati - , In questa fase autoritaria tutti i partiti sono omologati. Ma perché una tale società funzioni, l’individuo deve diventare una personalità autoritaria: “il rapporto degli individui con l’autorità richiesto dalle caratteristiche specifiche del processo lavorativo dell’età moderna condiziona una costante operazione delle istituzioni sociali per la produzione e il consolidamento di tipi di carattere ad esso corrispondente”(Horkheimer). Il luogo sociale per eccellenza in cui si trasmette e si forma la personalità autoritaria (non solo che esrcita, ma subisce consenziente l’autorità) è la famiglia.
Da questo schema teorico discende che: 1) se possibilità c’è di spezzare la catena autoritaria del tardo capitalismo, essa risiede nell’attacco al suo anello debole, l’università; 2) perché quest’attacco abbia successo, è necessario che si delinei una personalità non autoritaria; 3) questa personalità non autoritaria può configurarsi solo in una critica alla famiglia e in un comportamento nuovo del pubblico-privato: poiché caratteristico del moderno è il compenetrarsi
sempre più stretto tra pubblico e privato (Haberrmas); 4)la lotta antiautoritaria deve attaccare la “sinistra autoritaria” cioè la sinistra tradizionale; 5) la lotta antiautoritaria non può avere una struttura autoritaria, ma deve essere condotta da gruppi antiautoritari di base. Il leader studentesco Rudi Dutschke dirà: “Questi gruppi antiautoritari di base, queste avanguardie autonominatesi, si contraddistingueranno per il fatto di politicizzare le contraddizioni specifiche …”, e anche: “Soltanto nella lotta l’individuo autoritario, adattato e impotente nella sua struttura caratteriale e nella struttura del suo rapporto con la società … può acquisire la capacità di concepire la società come trasformabile”.
Antiautoritario è quindi insieme un movimento rivoluzionario, un comportamento personale (per esempio sessuale), un rifiuto della famiglia. Uno sguardo che svelò la miseria umana dell’autoritarismo. È interessante notare che sull’uso della violenza da parte delle “avanguardie autonominatesi”, il movimento studentesco tedesco entrò in polemica con uno dei suoi maitres à penser, Jurgen Habermas che lo accusò di “fascismo di sinistra”. Interessante anche che in tutti i paesi occidentali i leader del movimento antiautoritario riassumessero in sé molte caratteristiche del capo autoritario che erano state descritte da Max Weber.
Notare che anche i partiti della sinistra tradizionale, per quanto abbiano ripreso numerosi spunti dal movimento studentesco, un passo si siano sempre rifiutati di compiere: uno sguardo critico del proprio comportamento autoritario.
L'uomo dei desideri è stato scacciato dal suo corpo dal lavoratore in cui si è trasformato. L'economia non ha potuto prendere il potere se non economizzando la vita, trasformando l'energia libidica in forza di lavoro, gettando l'interdetto sul godimento, sulla gratuità naturale in cui il desiderio si compie e rinasce senza sosta.
Le pulsioni del corpo - i bisogni primari di nutrirsi, di muoversi, di esprimersi, di giocare, di accedere al piacere sessuale - sono stati irregimentati in una guerra di conquista dedicata al profitto ed al potere.E' una guerra che, pur non riguardandoli affatto, li colpisce tuttavia fin nella loro volontà di sfuggirle.
Separato dai suoi desideri di realizzazione, l'individuo ritrova di fronte a sé soltanto le molteplici modalità della sua morte. Il lavoro diventa un comodo suicidio, con un'ipocrisia tutta sociale: comincia col togliere l'essenziale della vita e la routine fa il resto.
Se non esistesse nel cuore dell'infanzia una così precisa castrazione, credete forse che tante generazioni avrebbero permesso, con la loro servitù volontaria, tante tirannie secolari?
Anarchismo è in transizione, e molti anarchici stanno sperimentando l’inquietudine. E’ molto facile sostenere che il mondo vada cambiato. Le chiacchiere costano poco. Non è facile cambiare il tuo piccolo angolo di mondo. Le differenze tra le tradizionali tendenze anarchiche sono irrilevanti perché le tradizionali tendenze anarchiche sono loro stesse irrilevanti. Il declino mondiale della sinistra, irreversibile e atteso da lungo tempo, affretta la crisi attuale tra gli anarchici.
Gli anarchici stanno avendo una crisi di identità. Sono ancora, o sono solo, la sinistra della sinistra? O sono qualcosa di più o anche qualcos’altro? Gli anarchici hanno sempre fatto qualcosa di più per il resto della sinistra di quanto il resto della sinistra abbia fatto per gli anarchici. Qualsiasi debito anarchico con la sinistra è stato saldato da tempo e perfino in eccesso. Ora, finalmente, gli anarchici sono liberi di essere loro stessi. Ma la libertà è una preoccupante, incerta prospettiva, mentre la vecchia strada, i rituali e i cliché della sinistra sono confortevoli come un paio di vecchie scarpe. Per di più, da quando la sinistra non rappresenta più alcun genere di minaccia, gli anarco-comunisti non rischiano la repressione dello stato quando essi ricordano e rimettono in atto le loro antiche e mitiche glorie. Questo è più o meno rivoluzionario quanto fumare hashish, e lo stato tollera entrambi per lo stesso motivo.
Precisamente quanto è “anarchico” il mondo? Da un lato è molto anarchico, dall’altro per nulla. E’ molto anarchico nel senso che, come disse Kropotkin, la società umana, la vita umana dipendono sempre di più dal mutuo appoggio che da qualsiasi cosa lo stato organizzi. Sotto innumerevoli regimi statali- l’Unione Sovietica o la città di New York di oggi- il regime stesso dipende dalle diffuse violazioni delle sue leggi per rimanere al potere e controllare la vita quotidiana. Nell’altro senso il mondo non è per nulla anarchico perché non esiste più in nessun luogo popolazione umana che non sia soggetta a qualche grado di controllo da qualche stato.
La guerra è troppo importante per essere lasciata ai generali, e l’anarchia è troppo importante per essere lasciata agli anarchici. Ogni tattica vale la pena se sperimentata da qualcuno incline ad essa, quantunque errori accertati - come votare, bandire libri (specialmente i miei), effettuare violenza casuale, allearsi con la sinistra autoritaria- sono evitati al meglio. Se gli anarchici non hanno imparato come rivoluzionare il mondo, se tutto va bene hanno imparato alcuni modi in cui non farlo. Questo non è abbastanza, ma è qualcosa.
Sacrificarsi è contro-rivoluzionario. Chiunque sia capace di sacrificare se stesso per un ideale sarebbe capace di sacrificare anche qualcun altro per quello. Perciò, la solidarietà tra martiri è impossibile. Appunto non ci si può fidare di un altruista. Non si sa mai se potrebbe commettere qualche disastroso atto di benevolenza.
“La lotta contro l’oppressione” - che magnifica frase! Una tenda da circo ampia abbastanza da coprire ogni causa della sinistra, persino la più grossolana, e la meno attinente alla rivoluzione della vita quotidiana è il meglio. Mumia libero! Indipendenza per Timor Est! Medicine per Cuba! Vietate le mine anti-uomo! Vietate i libri sconci! Viva il Chiapas! Legalizzate la maria! Salvate le balene! Nelson Mandela libero! – no aspettate, è già stato liberato, ora è un capo di stato e la vita di ogni anarchico sarà la stessa?
Ognuno è il benvenuto sotto il tendone, ma ad una condizione: che ci si astenga da ogni critica di qualcuno o di tutti gli altri. Tu firmi la mia petizione e io firmerò le tue…
Mantenendo l’immagine pubblica di una lotta comune contro l’oppressione, i gruppi della sinistra nascondono non solo la loro attuale frammentazione, incoerenza e debolezza, ma - paradossalmente - quello che hanno veramente in comune: il tacito consenso verso gli elementi essenziali dello stato e della società di classe. Quelli che sono soddisfatti con questa illusione di comunità sono restii a rischiare di perdere le loro modeste gratificazioni, e probabilmente ancora di più di lottare per qualcosa di reale. Tutte le avanzate democrazie industrializzate tollerano l’opposizione fedele della sinistra, che è solo una messinscena, poiché essa a sua volta le tollera.
(Bob Black - Tratto da Green Anarchy n.16 )
Sit-in (occupare uno spazio, da seduti) in Italia fu usato al posto di manifestazione o protesta. L’origine dell’espressione è più specifica. Prima che dagli studenti di Berkeley, il sit-in fu usato dai neri USA per protestare contro le leggi che in alcuni stati vietavano loro di sedersi in certi ristoranti, cinema, bar o autobus riservati ai bianchi. Iniziò, sembra, Rosa Parks su un autobus e sotto la guida del leader non violento Martin Luther King il movimento si estese: stand-in (stare in piedi) in cinema, piscine, luoghi di pattinaggio vietati ai neri; wade-in (guardare), cioè raggiungere a nuoto le spiagge segregate; kneel-in (inginocchiarsi) per pregare nelle chiese da cui gli afroamericani erano esclusi.
Ma sit-in significa più in generale aspettare l’arrivo della polizia seduti per terra, cantando, non opponendosi all’arresto però senza muoversi, facendosi portar via di peso (con le tecniche tipiche della non violenza derivate da Gandhi). Nel 1964, nella sola Berkeley, la polizia arrestò 800 sit-inners.
Nelle università si faceva il teach-in: alcuni professori e studenti del Michigan chiesero di tenere assemblee sul Vietnam, i rettori le vietarono e allora le discussioni si tennero di notte, fino a che l’amministrazione universitaria non cedette. Un’altra tecnica che gli studenti USA ripresero dall’insegnamento gandhiano fu l’haunting (pedinamento ossessivo) che consisteva nel seguire vistosamente i funzionari “compromessi” con il Vietnam (o con qualche losco affare); lo scopo era pedinare dieci per “educarne mille”, ricordando loro che tenevano un comportamento immorale.
Quando i dimostranti venivano arrestati, si consigliava loro di usare la tecnica del jail-in, restare in prigione senza pagare la cauzione per pagare la libertà provvisoria, in modo da drammatizzare l’arresto (e in taluni casi sovraffollare il carcere oltre ogni sopportabilità).
Altra “scoperta” del movimento studentesco in USA fu il “picchetto” (davanti gli uffici di reclutamento per esempio) che la tradizione americana non conosceva o meglio aveva dimenticato, quello di frapporre il proprio corpo a chiunque volesse raggiungere un certo luogo (di lavoro, di addestramento militare, ecc.).
Ovviamente queste tecniche erano state inventate e tuttora usate dai lavoratori europei; basta pensare alla più nota canzone delle mondine italiane “coi nostri corpi sulle rotaie”; per gli americane fu a un tempo una scoperta, un fatto strabiliante e improvviso e un “successo” nei confronti dell’opinione pubblica che vide in televisione i poliziotti scatenarsi contro studenti che non reagivano.
“Quando ero solo un bimbo mia mamma mi disse: figlio
sii sempre un bravo ragazzo, non giocare mai con le pistole
Ma ho sparato a un uomo a Reno, solo per vederlo morire
Quando sento quel treno che avanza piego la testa e piango"
(Folson Prison Blues)
Traumatizzato dalla morte prematura del fratello Jack durante la Grande Depressione e colpevolizzato dal padre, il giovane cantautore John Cash si trasferisce a Menphis. Sposa la pratica Vivian, che non incoraggia le sue inclinazioni artistiche: ma nel 1955, dopo l’incontro con il produttore Sam Philips, la sua stella inizia a brillare; e mentre va in tour con colleghi come Elvis Presley e Jerry Lee Lewis, la cantante June Carter si innamora, ricambiata, di lui. Il successo e le anfetamine lo trasformano però in una macchina autodistruttiva: saprà ritrovarsi? Raccontata in flashback dal concerto del 1968 nel carcere di Folsom di fronte a duemila detenuti, una rievocazione sontuosa del percorso che portò il leggendario “ man in black” del country Usa a essere identificato come l’icona vivente del mito americano della seconda opportunità, rafforzato dalla conversione religiosa.
Country, pop, blues, gospel. Tradizioni americane, anticonformismo e sfrontato ritorno alle origini, polvere e terra, sole e inverni. Lo chiamavano "The Man in Black", per la sua abitudine di vestirsi sempre di nero. Johnny Cash è stato una delle icone di tutta la musica popolare degli Stati Uniti: più volte sugli altari, altrettante nel buio, ed è forse per questo che la sua voce è mille volte più espressiva di tanti altri. Aveva l'inferno e il paradiso dentro: un uomo al limite, chiuso dietro la sua faccia da fuorilegge. L'uomo in nero è scarno, pacato, ha la voce scura e profonda; la sua forza sta in una personalità, in un'integrità, percepibili in ogni canzone, e in un suono che non ha mai smesso di osare: Johnny Cash ha sempre piegato tutto al suo stile, al suo essere. Nel corso della sua carriera, l'uomo è andato incontro alla droga, alla prigione, a divorzi, all'alcol, ma non si è mai tirato indietro, anzi, ogni esperienza non ha fatto che aumentare la dose di vita da trasferire nella musica.
Così Johnny Cash è riuscito a dare un senso diverso all'essere parte della tradizione, cantando i lati più oscuri e marginali della sua musica, liberando le classiche ballate americane di qualunque tono melenso, fino a mantenere intatto il proprio valore.
In Walk the line il regista James Mangold presenta un indimenticabile ritratto dell’artista che riuscì a domare la rabbia che lo controllava, la dipendenza da alcol e droghe e le tentazioni della fama, svelandone l’animo nel suo intimo. “Quando Johnny divenne una star del rock and roll” afferma il produttore James Keach, “entrò nel ‘cerchio di fuoco’, come avrebbe detto June. In ultima analisi la sua è una storia d’amore; una storia di riscatto, la storia del rock and roll e un viaggio spirituale al termine del quale un uomo ha finalmente ritrovato se stesso”.
Anarchismo. Sostantivo. 1. La dottrina secondo cui una società senza stato è possibile e desiderabile. 2. Significato obsoleto. Le regole secondo gli anarchici.
L’anarchismo, propriamente compreso, non ha nulla a che fare con le regole e i valori in un senso morale. La moralità sta alla mente come lo stato sta alla società: un’alienata e alienante limitazione della libertà, e un’inversione dei fini rispetto ai mezzi. Per gli anarchici, regole e valori sono compresi al meglio – ossia, essi sono al massimo utili – come approssimazioni, scorciatoie, convenzioni. Essi possono assommare una certa saggezza pratica che l’esperienza sociale ha raggiunto. Inoltre, essi possono essere i dettati che l’autorità fa a servizio di se stessa, o formulazioni utili a suo tempo, che, col modificarsi delle circostanze, non sono più consone a nessuna intenzione anarchica, o a nessuno scopo buono.
Parlare di regole e valori anarchici, allora, non è necessariamente senza senso - ma ciò implica rischi, spesso evitabili. In una società ancora satura della cultura cristiana e dei suoi surrogati secolari, l’uso tradizionalmente assolutista di questi concetti moralistici rischia di fuorviare gli anarchici che vi fanno riferimento. Tu hai regole e valori o sono essi a possederti? E’ solitamente meglio (ma, di certo, non assolutamente e necessariamente meglio) per gli anarchici evitare il vocabolario traditore del moralismo e dire semplicemente in modo diretto ciò che desiderano, perché lo desiderano e i motivi per i quali vogliono che ognuno desideri lo stesso. In altre parole, di mettere le proprie carte sul tavolo.
Come le regole e i valori, gli “ismi” anarchici, vecchi e nuovi, vanno considerati meglio come risorse, non come limiti. Essi esistono per noi, e non noi per loro. Non importa se, per esempio, si è venuti dal situazionismo più che dal sindacalismo, mentre un altro anarchico è ispirato più dal femminismo o dal marxismo o dall’islam. I luoghi che abbiamo visitato e anche da dove proveniamo sono meno importanti di dove ora siamo, e di dove, se andiamo da qualche parte, stiamo andando - o se ci stiamo dirigendo verso lo stesso luogo.
La ragione e l’esperienza identificano alcune aree di prevedibile futilità. E’ facile e opportuno, per esempio, per gli anarchici astenersi dalle politiche elettorali. E’ preferibile, ma spesso non possibile, astenersi dal lavoro, sebbene sia spesso possibile resistere sul posto di lavoro senza rischi eccessivi. Il crimine, il mercato nero e l’evasione delle tasse sono qualche volta realistiche alternative o aggiunte al coinvolgimento in un sistema amministrato dallo stato. Ognuno deve valutare il suo caso con la mente aperta. Fare meglio che può e cercare di non essere preso. Gli anarchici hanno già avuto troppi martiri.
(Bob Black - Tratto da Green Anarchy n.16 )