Translate

giovedì 30 maggio 2019

La povertà modernizzata

La povertà modernizzata non consiste nella iniqua distribuzione della ricchezza, ma nella frustrazione prodotta da quelle istituzioni che create per migliorare la condizione umana, finiscono invece con il peggiorarla, privando l’uomo di quelle capacità di far fronte autonomamente alle difficoltà e alle necessità che gli si presentano nel corso della sua vita. Questo tipo di povertà si manifesta quando l’intensità della dipendenza dal mercato arriva a una certa soglia.
Essa non fa altro che privare le sue vittime della libertà di vivere in maniera autonoma e creativa riducendole a sopravvivere solo perché, e solo se, inserite in relazioni di mercato.
La controproduttività è cosa diversa dalle esternalità negative e indesiderabili. Sono esternalità indesiderabili i danni degli incidenti automobilistici, la degradazione ambientale, il carico fiscale di scuole e ospedali, superiore a quanto la maggior parte delle economie riesce a tollerare, le “città fantasma” che nascono in funzione delle strade e impoveriscono il paesaggio rurale e urbano, la distruzione di arti antiche e mestieri, la produzione e l’accumulo di rifiuti tossici, la creazione di costosi cimiteri per i rifiuti industriali. Le esternalità rappresentano costi che sono “al di fuori” del prezzo pagato dal consumatore per ciò che acquista ma che ricadranno a un certo punto su di lui, sugli altri o sulle generazioni future.
La controproduttività invece è un tipo di delusione, “interno” all’uso stesso della merce acquistata ed è componente inevitabile di tutte le istituzioni moderne. Ogni settore importante dell’economia produce le proprie contraddizioni. Ogni opera ha necessariamente degli effetti contrari a quelli per cui è stata strutturata.
Gli economisti sono incapaci di quantificare le conseguenze interne negative e di misurare la frustrazione intrinseca dei clienti prigionieri di un dato prodotto.

Nessun commento:

Posta un commento