Poesia del rifiuto, sciopero generalizzato e modulato nei vari comparti della vita quotidiana, dal lavoro salariato al matrimonio, tanto per cominciare, esplorando un’autocostruzione che svaria dagli affetti all’habitat, dalla decrescita economica (segno di una crescente opposizione al produttivismo generalizzato e globalizzato) alla società del dono, ancora tutta da inventare.
Autocostruzione come tentativo concreto di organizzarsi nella critica della vita quotidiana secondo gli schemi rinnovati di un mutuo soccorso qualitativo.
Auto-organizzare le lotte e la diserzione di quanti sono obbligati a vendere la loro forza lavoro in un mondo in cui la carenza crescente di posti di lavoro è diventata l’alter-ego dell’obbligo di lavorare per sopravvivere consumando e osando persino chiamare vita questa schifosa messa in scena.
Gli auto costruttori tendono a costituire un’autonomia nella vita quotidiana, sottraendo al condizionamento zone in cui esso tende ad azzerarsi.
Ogni singolo atto di resistenza può contribuire, federandosi solidamente, a ricostituire il tessuto lacerato di una società umana non alienata.
La sola dinamica sociale che possa innescare il processo capace di liberarci dal totalitarismo economico passa per l’opera di decondizionamento in grado di produrre una società di individui senza pregiudizi. Ognuno scelga il suo tipo di autocostruzione, ma ciascuno è, individualmente e collettivamente, il solo responsabile delle proprie scelte.
Non c’è tempo da perdere, bisogna incamminarsi senza indugi verso un’autonomia crescente, mettere insieme tutte le diversità senza snaturarle e senza subirle è il compito di ciascuno e di tutti, tranne che di specialisti della rivoluzione che abbiano in testa un persistente pregiudizio sul come questa si debba attuare.
La Rivoluzione sarà la socializzazione cosciente di questa volontà di vivere o non sarà.
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