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giovedì 5 novembre 2020

Due piccole parole sulla coscienza


La coscienza è una parte della nostra vita mentale molto più piccola di quanto abbiamo coscienza, perché non possiamo essere coscienti di ciò di cui non siamo coscienti. Allo stesso modo si può avere l'impressione che la coscienza pervada tutta l'attività mentale, mentre in realtà non è affatto così.

È molto più probabile che l'apparente continuità della coscienza sia in realtà un'illusione, esattamente come la maggior parte delle altre metafore sulla coscienza. 

Spesso la coscienza non solo non è necessaria, ma può essere del tutto indesiderabile.

Siamo stati indotti alla conclusione che la coscienza non è ciò che noi generalmente pensiamo che sia. Essa non va confusa con la reattività. Non interviene in una vasta moltitudine di fenomeni percettuali. Non ha alcuna parte nell'esercizio di abilità, di cui al contrario spesso ostacola l'esecuzione. Non interviene necessariamente nel parlare, nello scrivere, nell'ascolto o nella lettura. Non trascrive l'esperienza, come molti credono. La coscienza non ha nulla a che fare con l'apprendimento di segnali, né c'è alcun bisogno del suo intervento per apprendere abilità o ricavare soluzioni, cose che si possono fare senza avere coscienza. Non è necessaria per la formulazione di giudizi o di pensieri semplici. Non è la sede della ragione, e anzi alcuni fra gli esempi più difficili di ragionamento creativo fanno a meno della sua assistenza. Essa inoltre non ha una localizzazione reale, ma solo ubicazioni immaginarie. Se i ragionamenti che abbiamo svolto finora sono stati corretti, è possibilissimo che sia esistita una razza di uomini che parlavano, giudicavano, ragionavano, risolvevano problemi, che facevano in definitiva quasi tutto quello che facciamo noi, ma che non erano affatto coscienti.


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