PISA, 10 maggio
Il funerale di Franco apparteneva solo ai suoi compagni di lotta . E per questo non abbiamo dato retta a quanti ci accusavano che noi volevamo fare sempre e solo di testa nostra e che ci avevano detto che volevamo speculare anche sulla morte di Franco. Per i burocrati Franco era stato la vittima casuale della situazione, senza portare responsabilità di quello che era accaduto. Si era trovato per caso coinvolto negli incidenti di piazza e la violenZa l'aveva travolto, i calci del fucile della polizia l'avevano massacrato. Ma noi non volevamo nasconderci, volevamo ribadire la nostra e la sua responsabile presenza nelle strade di Pisa, venerdì. la sua, di compagno anarchico che ha ancora la forza, dopo essere stato massacrato durante gli scontri e poi in questura, di rispondere all'ipocrisia di un giudice che cerca di lavarsi la coscienza, che lui in piazza c'era perché ci credeva, ci credeva perché era un anarchico. Se le idee politiche erano diverse, la logica sua era la nostra. Il suo corpo ci apparteneva. Inconcepibile che l'abbiano dato al direttore dell'istituto Thouar, che poi non abbiano nemmeno acconsentito all'allestimento della camera ardente nell'istituto come i compagni di Franco richiedevano. Quando nella tarda mattinata di martedì è arrìvata improvvisa la notizia che i funerali avrebbero avuto avuto luogo lo stesso giorno, nel primo pomeriggio, a partire dall'istituto di medicina legale, i compagni hanno deciso di non cambiare la loro decisione: di partire da piazza S. Silvestro, allineati dietro ai compagni di Franco dell'Istituto Thouar. Il corteo che abbiamo cominciato in 3.000 si è ingrossato lungo le strade cittadine per arrivare in 5000 davanti all’Istituto di medicina legale . La bara è stata sorretta a turno dai compagni di Franco dell'istituto e da compagni anarchici. Accanto alle facce note, ne vedevamo molte altre: alcune, di compagni di base del PCI, del PSIUP, persino del PSI ci facevano piacere. Altre, che in genere stavano ai bordi della strada, ci piacevano meno. Che ci stavano a fare il sindaco, gli onorevoli del PCI, i burocrati del
sindacato in un corteo come questo? Dinanzi al cimitero migliaia di compagni hanno alzato il pugno e poi hanno cantato l'inno degli anarchici “Figli dell'officina, figli della terra, già l'ora s'avvicina della più giusta guerra”. (Lotta Continua del 11 maggio 1972) Ai funerali del ventenne anarchico partecipa
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