Viviamo nel limbo e bramiamo la libertà. Libertà di ogni forma di movimento. Per sfuggire l'esistenza in un mondo concentrato a rinnovare i propri dubbi e le autolimitazioni. Una danza di vita è una danza di morte. Un corpo la sua gabbia. Il tempo e la mortalità le sue spranghe. Deviare e scappare. Ogni genere di interessi acquisiti ci vogliono impigrire e atrofizzare. Ogni momento da sveglio cospira per costringere il nostro potenziale, sia fisico che mentale, pur non avendo noi la responsabilità per chiunque di esistere a qualsiasi livello. La perdita di grazia dell'uomo è la sua perdita delle sicurezze interiori. Il suo difetto è di arrendersi a condizioni di limitazioni imposte dal duro regime del buongusto, invece di accettare onestamente il suo naturale istinto individuale che riconosce alle cose di essere in uno stato di flusso. La musica può esprimere questo flusso liberamente nelle flessioni del ritmo e del suono. La musica è estasi, mistero e potere presagito da coloro che non vedono separazione tra il pubblico e il privato nei comportamenti che hanno in ogni attimo della vita quotidiana. Il motivo per mangiare, per la musica o per fare l'amore, diviene lo stesso. Per trovare e essere semplicemente se stessi senza sensi di colpa, senza competizione, senza sfide. Noi siamo perfino educati all'assenza di VOLONTÀ di pensiero. Decondiziona la condizione. Il condizionare è controllo. Il controllo è stabilità. La stabilità è la salvezza per coloro che hanno interesse nel controllare. Lascia che vada fuori controllo. Ciò che interrompe questo ciclo è una scossa psichica. La musica è magica, un fenomeno religioso che cortocircuita il controllo per mezzo della risposta umana. Nel momento in cui dimentichiamo noi stessi e finisce la danza del limbo noi entriamo in un mondo di lotta, gioia e chiarezza. Un mondo tragico ma magico dove è possibile accettare la mortalità e in questo modo smentire la morte. L'esperienza senza dogma, il tormento senza vergogna o falsità. Una moralità da anticulto. La cultura dell'occulto. I suoi rituali collettivi e nonostante tutto privati, eseguiti in pubblico ma invisibili. Anime bianche messe a nudo per rivelare ferite ancora seriamente piene di speranza. I riti della giovinezza. Le nostre alchemiche eredità umane, rinchiuse come un cadavere in una cassa nera. Vivere è anche esistere, o lottare contro controlli imposti e combattere per un destino, una visione e un'espressione individuale. Franz Kafka diceva: "Io non spero nella vittoria. Non provo piacere nella lotta per interessi personali, potrei essere felice solo perché il lottare è tutto ciò che posso fare. Il lottare, di per sé, mi riempie veramente di una gioia che è più di quanto io possa realmente provare, più di quanto io possa dare, e finirò probabilmente per soccombere non alla lotta ma alla gioia.
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