Translate

giovedì 5 ottobre 2023

Yol – Yilmaz Guney

Dopo il colpo di stato che nel 1980 ha consegnato la Turchia a una dittatura militare, cinque detenuti in libertà vigilata viaggiano per il paese. Yusuf smarrisce i documenti di identità, e viene presto arrestato. Seyit, giunto a casa, apprende che la moglie Ziné, fuggita in un  bordello dopo l'incarcerazione del marito, è ora tenuta in prigionia dai famigliari in una casa in montagna. Costoro  la affidano a Seyit perché la uccida, riscattando l'onore  perduto. Diviso fra l'odio e la pietà, l'uomo la conduce a piedi su un ghiacciaio, insieme al figlio, e ne provoca  la morte per assideramento. Mehmet, responsabile della morte del  cognato (autista in una rapina a una gioielleria, scappò abbandonandolo dopo aver udito gli spari della polizia), torna dalla moglie e viene scacciato dai parenti della donna, che però fugge con il marito. Sul treno, dopo che i due coniugi  sono scampati a  un linciaggio  per essersi chiusi insieme nella toilette, la donna  viene  uccisa dal fratello minore, che giustizia anche  Mehmet. Mevliit, che si ritiene un uomo moderno, va a trovare la fidanzata e le  propone di sposarlo, pre-scrivendole doveri  coniugali  che  implicano una cieca obbedienza al marito. Invece  di avere rapporti sessuali con lei, si reca in un bordello. Il curdo Omer trova il suo paese natale oppresso  dall'esercito turco. Suo fratello, militante nelle schiere dei ribelli, viene ucciso: e Omer, in ottemperanza alle regole  della tradizione, diventa il marito  della vedova,  rinunciando  a sposare  la donna che silenziosamente gli dichiara il suo amore. Alla scadenza del permesso, si rifiuta di rientrare in galera e sceglie la via della fuga sulle montagne. Il carcere, in Yol (termine  che in turco significa 'strada', ma anche, in  senso figurato, il 'cammino  della vita'), non è solo il
luogo di provenienza dei cinque viaggiatori, ma è anche metafora applicabile all'intera società turca. Non soltanto perché  ricorrono  nel film riferimenti a violenze  perpetrate dalla polizia e dall'esercito sulla popolazione civile; ma anche perché  a 'incarcerare' i personaggi  sono le rigide prescrizioni e i crudeli codici d'onore di un'antica cultura patriarcale. Rispetto a questo complesso sistema repressivo politico e culturale, Yol coglie svariate reazioni nei protagonisti, così come  nelle figure secondarie: dall'inerzia rassegnata con la quale una donna nel villaggio curdo continua  ad allattare al seno un bambino,  mentre si svolge sotto i suoi occhi un'azione di  guerriglia, al sorriso affascinato e masochistico con il quale la fidanzata  di Mevliit apprende da lui i dettami annichilenti della sua futura vita coniugale; dal dissidio intimo di Seyit, che sarà perseguitato dal rimorso dopo  la morte di sua moglie, alla ribellione nei confronti della legge maturata da Omer, che però accetta fatalisticamente gli obblighi coniugali prescritti dalla tradizione. “In certi film, soprattutto  in quelli americani, si arriva a un  climax di sentimenti  e reazioni che crollano con un'azione risolutiva. Io voglio invece che gli spettatori accumulino queste sensazioni durante tutto il film e si ritrovino per la strada, fuori dal cinema, pieni di angoscia, carichi dei sentimenti e della disperazione dei personaggi. Voglio  che vadano  a casa e che, da questo  momento, vedano  la vita e il mondo attraverso questa esperienza” (Yilmaz Guney)
. Il processo catartico o liberatorio è posto dall'autore al di fuori del cinema, nella lotta politica, della quale l'arte può solo agevolare  le condizioni, plasmando le emozioni e la coscienza del popolo. Il film fu concepito  da Gilney all'interno di un carcere turco, dove scontava   diciannove anni di reclusione con  l'accusa di aver ucciso un giudice (totalizzò complessivamente condanne per circa cento anni di carcere, soprattutto per i suoi scritti e i suoi libri, considerati filo-comunisti).   



Nessun commento:

Posta un commento