Dopo il colpo di stato che nel 1980 ha consegnato la Turchia a una dittatura militare, cinque detenuti in libertà vigilata viaggiano per il paese. Yusuf smarrisce i documenti di identità, e viene presto arrestato. Seyit, giunto a casa, apprende che la moglie Ziné, fuggita in un bordello dopo l'incarcerazione del marito, è ora tenuta in prigionia dai famigliari in una casa in montagna. Costoro la affidano a Seyit perché la uccida, riscattando l'onore perduto. Diviso fra l'odio e la pietà, l'uomo la conduce a piedi su un ghiacciaio, insieme al figlio, e ne provoca la morte per assideramento. Mehmet, responsabile della morte del cognato (autista in una rapina a una gioielleria, scappò abbandonandolo dopo aver udito gli spari della polizia), torna dalla moglie e viene scacciato dai parenti della donna, che però fugge con il marito. Sul treno, dopo che i due coniugi sono scampati a un linciaggio per essersi chiusi insieme nella toilette, la donna viene uccisa dal fratello minore, che giustizia anche Mehmet. Mevliit, che si ritiene un uomo moderno, va a trovare la fidanzata e le propone di sposarlo, pre-scrivendole doveri coniugali che implicano una cieca obbedienza al marito. Invece di avere rapporti sessuali con lei, si reca in un bordello. Il curdo Omer trova il suo paese natale oppresso dall'esercito turco. Suo fratello, militante nelle schiere dei ribelli, viene ucciso: e Omer, in ottemperanza alle regole della tradizione, diventa il marito della vedova, rinunciando a sposare la donna che silenziosamente gli dichiara il suo amore. Alla scadenza del permesso, si rifiuta di rientrare in galera e sceglie la via della fuga sulle montagne. Il carcere, in Yol (termine che in turco significa 'strada', ma anche, in senso figurato, il 'cammino della vita'), non è solo il luogo di provenienza dei cinque viaggiatori, ma è anche metafora applicabile all'intera società turca. Non soltanto perché ricorrono nel film riferimenti a violenze perpetrate dalla polizia e dall'esercito sulla popolazione civile; ma anche perché a 'incarcerare' i personaggi sono le rigide prescrizioni e i crudeli codici d'onore di un'antica cultura patriarcale. Rispetto a questo complesso sistema repressivo politico e culturale, Yol coglie svariate reazioni nei protagonisti, così come nelle figure secondarie: dall'inerzia rassegnata con la quale una donna nel villaggio curdo continua ad allattare al seno un bambino, mentre si svolge sotto i suoi occhi un'azione di guerriglia, al sorriso affascinato e masochistico con il quale la fidanzata di Mevliit apprende da lui i dettami annichilenti della sua futura vita coniugale; dal dissidio intimo di Seyit, che sarà perseguitato dal rimorso dopo la morte di sua moglie, alla ribellione nei confronti della legge maturata da Omer, che però accetta fatalisticamente gli obblighi coniugali prescritti dalla tradizione. “In certi film, soprattutto in quelli americani, si arriva a un climax di sentimenti e reazioni che crollano con un'azione risolutiva. Io voglio invece che gli spettatori accumulino queste sensazioni durante tutto il film e si ritrovino per la strada, fuori dal cinema, pieni di angoscia, carichi dei sentimenti e della disperazione dei personaggi. Voglio che vadano a casa e che, da questo momento, vedano la vita e il mondo attraverso questa esperienza” (Yilmaz Guney). Il processo catartico o liberatorio è posto dall'autore al di fuori del cinema, nella lotta politica, della quale l'arte può solo agevolare le condizioni, plasmando le emozioni e la coscienza del popolo. Il film fu concepito da Gilney all'interno di un carcere turco, dove scontava diciannove anni di reclusione con l'accusa di aver ucciso un giudice (totalizzò complessivamente condanne per circa cento anni di carcere, soprattutto per i suoi scritti e i suoi libri, considerati filo-comunisti).
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