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giovedì 12 ottobre 2023

MANCATA PROSTITUTA - Emma Goldman

Mi svegliai il mattino seguente sapendo esattamente come avrei trovato i soldi per Sasha. Mi sarei prostituita. Mi stupii di una simile idea e la ricollegai al romanzo di Dostojevskj, «Delitto e castigo», che mi aveva profondamente colpita. Ero rimasta impressionata soprattutto dal personaggio di Sonja, la figlia di Marmeladov che era diventata una prostituta per mantenere i fratellini e le sorelline e per alleviare le sofferenze della matrigna tisica. Vidi come in sogno Sonja, sdraiata nel suo lettuccio, con la faccia rivolta al muro e le spalle tremanti. Avrei seguito più o meno la sua strada. Sonja, quella ragazza così sensibile, aveva potuto vendere il proprio corpo; perché non avrei dovuto farlo anch'io? La mia causa era ancor più grande della sua: era Sasha - il suo grande gesto - il popolo. Ma sarei stata capace di farlo, di andare con un estraneo - per soldi? Il solo pensiero mi diede il voltastomaco. Affondai la testa nel cuscino per non vedere la luce. «Debole, codarda», mi disse una voce interiore. «Sasha sta per offrire la vita e tu esiti a dare il tuo corpo, miserabile vigliacca!». Mi ci vollero parecchie ore per riprendere il controllo di me stessa. Quando mi alzai dal letto ero decisa. Il problema principale era adesso quello di essere sufficientemente attraente agli occhi di un uomo che cerca avventure con ragazze di strada. Mi guardai allo specchio e esaminai il mio corpo. Il viso era un po' affaticato, ma avevo una bella carnagione. Avrei potuto fare a meno di truccarmi e i miei capelli ondulati e biondi si intonavano molto bene agli occhi azzurri. Pensavo di essere un po' troppo larga di fianchi, per la mia età; avevo appena ventitré anni. Ma in fondo ero di origine ebraica. Inoltre, avrei indossato un corsetto e con i tacchi alti avrei potuto sembrare più slanciata (non avevo mai indossato niente del genere prima). Corsetto, scarpette con tacchi alti, biancheria intima raffinata - dove avrei trovato il denaro per tutto ciò? Avevo un vestito di lino bianco con ricami alla moda del Caucaso. Avrei comperato della stoffa leggera color carne e mi sarei cucita da sola la biancheria. Sapevo di un negozio in Grand Street che aveva dei buoni prezzi. Mi vestii in fretta e andai dalla cameriera di casa, che aveva simpatia per me, e mi feci prestare cinque dollari. La donna me li diede senza far domande. Uscii a fare acquisti e quando tornai a casa mi chiusi in camera. Non volevo vedere nessuno. Ero molto indaffarata a preparare il mio corredo e a pensare a Sasha. Che cosa avrebbe detto? Sarebbe stato d'accordo? Sì, ne ero sicura. Aveva sempre affermato che il fine giustificava i
mezzi, che il vero rivoluzionario non doveva mai indietreggiare di fronte a tutto ciò che potesse servire alla Causa. Sabato sera, 16 luglio 1892, camminavo avanti e indietro per la 14ma Strada ed ero una delle tante ragazze che così spesso avevo visto praticare il mestiere. All'inizio non mi sentivo nervosa, ma quando feci caso agli uomini che passavano, alle allusioni volgari, al loro modo di abbordare le ragazze, provai una stretta al cuore. Avrei voluto fuggire, tornare nella mia stanza, levarmi di dosso quegli abiti vistosi e a buon mercato, lavarmi. Ma una voce mi diceva all'orecchio: «Devi resistere; Sasha - il suo gesto - tutto è perduto se fallisci!». Continuavo a passeggiare, ma qualcosa più forte di me mi faceva affrettare il passo ogni volta che mi si avvicinava un uomo. Uno di loro fu particolarmente insistente e io scappai via. Verso le undici ero completamente esausta. I piedi mi dolevano per via dei tacchi alti, la testa mi faceva male ed ero sul punto di scoppiare in lacrime per la fatica e il disgusto, per l'incapacità di decidermi a realizzare ciò che mi ero prefissa. Feci uno sforzo. Mi fermai all'angolo tra la 14ma Strada e la Quarta Avenue, vicino alla banca, e decisi che sarei andata con il primo uomo che mi avesse invitata. Un tipo alto, distinto e ben vestito, si avvicinò: «Vuoi bere qualcosa, ragazzina?» disse. Aveva i capelli bianchi, era sulla sessantina, ma aveva il viso rubicondo. Risposi: «Va bene». Mi prese sotto braccio e mi condusse in una vineria di Union Square, dove spesso ero stata con Most. Quasi urlai: «Non lì, per favore, non lì». Lo accompagnai all'ingresso posteriore di un locale tra la 13ma Strada e la Terza Avenue. C'ero stata una volta di pomeriggio a bere una birra ed era un posto pulito e tranquillo. Quella sera il bar era molto affollato e trovammo a stento un tavolo. L'uomo ordinò da bere. Avevo la gola secca e chiesi un grande bicchiere di birra. Nessuno dei due parlava. Ero consapevole che l'uomo mi stava scrutando il viso e il corpo e sentivo crescere dentro di me il risentimento. Subito l'uomo chiese: «Sei nuova del mestiere, vero?». «Sì, è la prima volta - ma come ve ne siete accorto?». Rispose: «Ti ho guardata quando mi sei passata davanti». Poi mi disse di aver notato la mia espressione tormentata e che acceleravo il passo quando mi si avvicinava un uomo. Aveva capito che ero inesperta. Qualsiasi fosse stata la ragione che mi aveva spinta sul marciapiede, aveva capito che non era certo per facilità di costumi o per amore dell'avventura. Dissi senza riflettere: «Ma migliaia di ragazze lo fanno per necessità economiche». Mi guardò sorpreso: «Dove l'hai presa questa grinta?». Avrei voluto dirgli tutto sulla questione sociale, sulle mie idee, su chi e che cosa fossi, ma mi trattenni. Non dovevo rivelare la mia identità; sarebbe stato troppo pericoloso se avessero saputo che Emma Goldman, l'anarchica, era stata trovata ad adescare uomini nella 14ma Strada. Che notizia succulenta sarebbe stata per la stampa! Disse che non lo interessavano i problemi economici e non gli importavano le ragioni delle mie azioni. Voleva solamente dirmi che non si ricavava nulla dalla prostituzione se non ci si era portate. E continuò: «Tu non ci sei portata, ecco tutto». Tirò fuori un biglietto da dieci dollari e me lo mise davanti. «Prendi questi soldi e va' a casa», mi disse. «Ma perché mi date del denaro se non volete che venga con voi?» chiesi. «Beh, giusto per coprire le spese sostenute per agghindarti in quel modo», replicò. «Il tuo vestito è molto carino, anche se non va con quelle scarpe e quelle calze da quattro soldi». Rimasi senza parole per lo stupore.



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