Le relazioni sociali di classe e sfruttamento non sono semplici. Le concezioni operaiste, basate sull'idea di una classe oggettivamente rivoluzionaria definita in funzione della sua relazione con i mezzi di produzione, ignorano la massa di coloro in tutto il mondo che vengono derubati delle proprie vite dall'attuale ordine sociale ma che non trovano posto nell'apparato produttivo. Quindi queste teorie finiscono per presentare una visione ristretta e semplicistica dello sfruttamento e della trasformazione rivoluzionaria. Per portare avanti una lotta rivoluzionaria contro lo sfruttamento dobbiamo sviluppare una interpretazione della classe così come essa davvero si presenta nel mondo senza cercare alcuna garanzia. Di base, nella società classista ci sono quelli che comandano e quelli che vengono sfruttati. Un simile ordine sociale può esistere solo quando le persone perdono la capacità di determinare le condizioni della propria esistenza. Quindi la qualità essenziale che accomuna tutti gli sfruttati è il loro spossessamento, la loro perdita della capacità di prendere decisioni basilari sul modo in cui essi vivono e di dargli corso. La classe dominante è definita in funzione del proprio progetto di accumulare potere e risorse. Benché esistano senza dubbio all'interno della classe dominante dei conflitti concernenti specifici interessi e una reale competizione per il controllo di risorse e territori, questo progetto mirante al controllo della ricchezza e del potere sociali, e quindi del controllo delle vite e delle relazioni di ogni essere vivente, è predominante e fornisce a questa classe un obbiettivo comune. La classe sfruttata non ha un equivalente obbiettivo unitario che la definisca. Essa è piuttosto definita da ciò che subisce, da ciò che le è sottratto. Essendo stati sradicati dagli stili di vita che avevano conosciuto e creato con i propri pari, l'unica comunità rimasta alle persone che accomuni questa classe eterogenea è quella fornita dal Capitale e dallo Stato: la comunità del lavoro, dello scambio di beni decorata con costruzioni nazionalistiche, religiose, etniche, razziali o di sottoculture ideologiche di ogni genere e tipo per creare identità nelle quali incanalare gli slanci di individualità e di rivolta. Il concetto di un'identità proletaria oggettiva, di un singolo, unitario progetto proletario, non ha alcuna reale base dal momento che ciò che definisce qualcuno come proletario è precisamente il fatto che la sua vita è stata trasformata in una pedina nei progetti dei governanti. Dato che nella nostra condizione di proletari – intesi come sfruttati e spossessati - non può essere trovata alcuna base comune per un progetto positivo, il nostro progetto deve fondarsi sulla lotta per distruggere la nostra condizione di proletari e di spossessati. L’essenza di ciò che abbiamo perso non è il controllo sui mezzi di produzione o sulla ricchezza materiale; sono le nostre vite stesse, la nostra capacità di decidere della nostra vita nei termini dei nostri bisogni e desideri. Così la nostra lotta trova ovunque terreno fertile, in qualunque momento. Il nostro obbiettivo è quello di distruggere tutto ciò che preclude il controllo sulle nostre vite.
Bodo’s Project è un progetto di comunicazione “altra” per la creazione e la circolazione di scritti, foto e di video geneticamente sovversivi. La critica radicale per azzerare la società della merce; la decrescita, il primitivismo, la solidarietà per contrastare ogni forma di privatizzazione iniziando dall’acqua. Il piacere e la gioia di costruire una società dove tutti siano liberi ed uguali.
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giovedì 29 febbraio 2024
L’Anarchia nel XX secolo – Parte IX
1912
14 marzo - William D. Haywood (che ha preso il posto di Ettor) annuncia che la Woolen Company cede e offre aumenti e ritira le discriminazioni ai danni degli scioperanti. Il lavoro riprende, ma non in tutte le fabbriche: i lavoratori sono esasperati dalle violenze poliziesche contro le donne e i bambini.
14 marzo - Antonio D'Alba, giovane muratore anarchico, spara al re Vittorio Emanuele III che a Roma celebra con una messa funebre la memoria di Umberto I. Vittorio Emanuele, illeso, fa condannare all'ergastolo il muratore.
30 settembre - 15 000 tessili di Lawrence scioperano per 24 ore in segno di solidarietà con Ettor e Giovannitti, il cui processo si apre lo stesso giorno a Salem. È il primo sciopero politico rivoluzionario di grande ampiezza che avviene negli Stati Uniti. L'accusa sostiene che a sparare ad Anna fu un certo Salvatore Seiuto (mai trovato), accompagnato da Joseph Caruso, uno scioperante che però ha un alibi di ferro.
23-25 novembre - Costituzione, a Modena, della Unione Sindacale Italiana (USI) al Congresso Nazionale del Comitato di Azione Diretta. Di netta impostazione anarco-sindacalista, l'USI conterà l'anno successivo circa 100 000 aderenti, ma si troverà a dover fronteggiare una grave crisi con lo scoppio della prima guerra mondiale, quando alcune sedi (come quelle di Milano e Parma) seguiranno Alceste De Ambris su posizioni di adesione all'intervento nel conflitto. Gli interventisti e altri sindacalisti «gialli» saranno espulsi dall'USI e fonderanno il Comitato Sindacale Italiano; alcuni, come Filippo Corridoni, moriranno combattendo sul fronte austriaco. Altri ancora, come Edmondo Rossoni che in passato era stato nell'IWW, finiranno nel sindacalismo corporativo. Anche i socialisti riformisti aderiranno all'intervento, seguendo l'esempio della socialdemocrazia tedesca («siamo prima tedeschi poi socialisti») mentre i socialisti anti-interventisti - tra cui Lenin, Trotskii, Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht e altri - daranno vita nel 1915 alla conferenza Zimmerwald. A Zimmerwald aderirà anche l'USI, condividendo la necessità di creare una Terza Internazionale con l'esclusione dei «socialnazionali». Quando De Ambris cercherà - invano - di piegarla all'intervento, l'USI si trasferirà – settembre 1914 - da Parma a Bologna. Qualificano la componente anarchica dell'USI - sempre più consistente - il presupposto dell'omogeneità economica della classe, la metodologia dello sciopero generale insurrezionale come scontro con lo Stato - con una certa sottovalutazione dell'essenza capitalistica dello sviluppo industriale, e la conseguenza mancanza di una strategia per la crisi economico-politica e il suo superamento.
26 novembre - Ettor e Giovannitti (in galera da 10 mesi) e Caruso (in galera da 8 mesi) sono assolti dall'accusa di avere ispirato l'uccisione dell'operaia Anna Lo Pizzo. Salutati da una grande folla all'uscita dalla prigione, Ettor e Giovannitti parlano nel pomeriggio a 10 000 lavoratori tessili che festeggiano la vittoriosa conclusione dello sciopero e della loro opera di solidarietà attiva.
L’informatizzazione della vita quotidiana
Opporsi all’informatizzazione del mondo implica ovviamente considerare che ciò è possibile – e perfino pensabile. Ciò suppone anche di trovarlo sensato e perfino desiderabile. La nostra dipendenza dagli schermi, e la concomitante riduzione delle nostre vite a una riserva di informazioni, pone almeno quattro grandi problemi politici: le imprese economiche stanno aumentando considerevolmente la loro influenza su di noi; il potere sociale tende a concentrarsi in maniera straordinaria; il lavoro è più facilmente sfruttabile dal capitale; la catastrofe ecologica in corso è chiaramente aggravata dalla crescita esponenziale delle tecnologie cosiddette “immateriali”. Come si vede, non si tratta di questioni estetiche, di partiti presi sensibili o filosofici, che possono del resto legittimamente entrare in gioco nel giudicare un mondo dove macchine, algoritmi e procedure impersonali occupano sempre più posto. Si tratta di problemi politici essenziali, davanti ai quali nessun sostenitore del progresso sociale e umano – dell’uguaglianza e della libertà – può rimanere indifferente; e ai quali un numero crescente di nostri contemporanei è effettivamente sensibile, anche se ciò non porta per il momento a un rifiuto massiccio della chincaglieria elettronica.
Ci si aspettava che il microcomputer e la società in rete decentralizzassero il potere e l’iniziativa. Vista da oggi, l’informatizzazione della vita quotidiana ha, al contrario, consolidato il potere delle grandi organizzazioni sugli individui, gli amministrati e i consumatori. Man mano che diventano “smaterializzate”, queste organizzazioni si fanno più opache che mai agli occhi dei cittadini di base, mentre dispongono di maggiori informazioni su di loro. Pensiamo al prelievo diretto sul conto, reso possibile dalla proliferazione e dall'interconnessione dei dossier del fisco, dell’Urssaf, della Previdenza sociale, del Pôle emploi, delle banche, ecc. Pensiamo ovviamente ai contatori Linky, progettati per conoscere a distanza i consumi elettrici domestici, raccogliere dati sulla composizione dettagliata di tali consumi (quali apparecchi vengono utilizzati? per quanto tempo? a che ora?), e poter modulare l’intensità della corrente a seconda delle esigenze della rete – o addirittura interromperla quando l’utente è insolvibile.
È un tale cambiamento di orizzonte quello che suggeriscono le recenti scaramucce intorno ai progetti per la completa informatizzazione del mondo: non più aspettare un ipotetico rovesciamento o indebolimento del capitalismo per discutere di tecnologie desiderabili o accettabili; ma cercare di prevenire qui e ora il peggioramento delle disuguaglianze, l’aumento del potere dei gruppi dirigenti e il declino della libertà, mettendo in panne degli ingranaggi essenziali del sistema attraverso strategie di disobbedienza civile. La proposta di ridurre massicciamente l’uso delle tecnologie avanzate e di lottare contro le politiche pubbliche che le promuovono non riguarda semplicemente una questione morale (morale sanitaria, morale ecologica, morale “esistenziale”, ecc.); è anche una proposta strategica, che scommette che opporsi individualmente e collettivamente all’informatizzazione delle nostre vite può permetterci di uscire dall’impotenza, di riconquistare una presa sul mondo, una leva per nuocere finalmente ai potenti.
giovedì 22 febbraio 2024
L’Anarchia nel XX secolo – Parte VIII
30 ottobre - Il soldato Augusto Masetti, muratore di San Giovanni in Persiceto, spara, nella caserma Cialdini di Bologna, al colonnello Stroppa che istigava i giovani in partenza per la Libia all'odio per il popolo libico. Stroppa resta ferito. Masetti, arrestato e rinchiuso in manicomio, riafferma la sua fedeltà agli ideali anarchici di solidarietà tra i popoli e di lotta alla guerra. Anarchici e socialisti danno vita a una campagna in favore della sua liberazione.
1912
12 gennaio - Contro una riduzione dei salari praticata dalla American Woolen Company (trust della lana proprietario di 34 fabbriche nel New England) scendono in sciopero i lavoratori delle 4 fabbriche tessili di Lawrence, Massachusetts. Forte e inventiva la partecipazione femminile allo sciopero. Le donne (che l'IWW difende e organizza assieme ai non-specializzati) prendono parte ai picchetti davanti alle fabbriche per impedire l'ingresso ai crumiri, e parlano nelle assemblee. Esse costituiscono con i bambini la metà circa della forza-lavoro delle fabbriche tessili di Lawrence. Partecipano alla lotta anche le donne che non lavorano, mogli di operai che devono mandare avanti la famiglia con un salario di 6 dollari alla settimana. Per meglio resistere alla pressione e ai ricatti padronali i militanti dell'IWW organizzano l'assistenza dei bambini e il loro trasferimento presso i simpatizzanti delle altre città. Il freddo e la fame dell'inverno rendono necessaria l'evacuazione dei bambini delle famiglie operaie, ma la polizia si scatena brutalmente sulle madri che accompagnano i bambini alla stazione: le donne sono picchiate bestialmente e rinchiuse in prigione sotto l'accusa di negligenza e scarsa sorveglianza dei figli. (La consegna bambini ai simpatizzanti di altre città per meglio continuare la lotta era già stata adottata in Italia nel 1908 durante lo sciopero dei braccianti nelle campagne del parmense: l'IWW può disporre di esperienze di lotta internazionale grazie alla presenza a Lawrence di 20.000 emigrati europei, russi, siriani, armeni, lituani, franco-canadesi ed ebrei orientali.) nello sciopero di Lawrence che trova espressione la famosa richiesta di una diversa qualità della vita, al di là delle necessarie rivendicazioni economiche. Un
gruppo di giovani operaie di picchetto ai cancelli di una fabbrica issa per la prima volta uno striscione con la frase che entrerà nel patrimonio ideale del movimento operaio americano: «We want bread and roses too» (Vogliamo il pane ma anche le rose). Qualificano lo sciopero la posizione di guida assunta dall'IWW (che fa da consigliere al Comitato di sciopero - 50 operai di ogni razza, nazionalità e lingua che si riuniscono ogni mattina per deliberare piani di lotta sottoposti poi alle assemblee degli scioperanti per il voto finale) e in particolare la presenza di rivoluzionari di formazione anarco-sindacalista. Da New York giungono a Lawrence, chiamati come consiglieri, Joseph J. Ettor, membro del General Executive Board dell'IWW, e l'anarchico italiano Arturo Giovannitti anch'egli dell'IWW. Ettor viene eletto presidente dello Strike Committee il 14 pomeriggio. Il 29 alle 6.30 del mattino una dimostrazione di lavoratori viene attaccata dalla polizia e dalla milizia; 50 picchiatori assoldati dai proprietari e dal comune sfasciano i vetri dei tram. In serata durante uno scontro tra scioperanti e polizia, un'operaia italiana in sciopero, Anna Lo Pizzo, resta uccisa da una revolverata. Gli operai sostengono che l'uccisore è un poliziotto, Oscar Benoit, ma le autorità arrestano Ettor e Giovannitti, che si trovavano altrove, come ispiratori del delitto. - Il Socialist Party of America decide l'espulsione di chi (come a Lawrence) pratica o difende il metodo del sabotaggio nella lotta sindacale. La decisione provoca proteste e dissensi nella sinistra americana, salvo che nelle grandi centrali sindacali che hanno abbandonato all'IWW lo sciopero di Lawrence. -Teoria del linguaggio: il controsenso
Passare dalle parole alle idee, non è che un passo; sempre valicato dal potere e dai suoi pensatori. Tutte le teorie del linguaggio, dal misticismo demente dell'essere fino alla suprema razionalità (oppressiva) della macchina cibernetica, appartengono ad un solo e medesimo mondo, vale a dire il discorso del potere, considerato come il solo mondo di riferimento possibile, come la mediazione universale. Come il Dio cristiano è la mediazione necessaria tra due coscienze e tra la coscienza e il se, il discorso del potere si installa nel cuore di ogni comunicazione, diventa la mediazione necessaria da se a così arriva a mettere le mani sulla contestazione, piazzandola in anticipo sul proprio terreno, controllandola dall'interno ed infiltrandola. La critica del linguaggio dominante, il suo détournement, diventerà la pratica permanente della nuova teoria rivoluzionaria, Poiché ogni senso nuovo è chiamato controsenso dalle autorità, i situazionisti instaureranno la legittimità del controsenso, e denunceranno l’impostura del senso garantito e dato dal potere. Poiché il dizionario il guardiano senso esistente, noi ci proponiamo di distruggerlo sistematicamente. La sostituzione del dizionario, della guida del parlare (e del pensare) di tutto il linguaggio ereditato ed addomesticato, troverà espressione adeguata nell’infiltrazione rivoluzionaria del linguaggio. Nel détoumement, largamente praticato da Marx, sistematizzato da Latréamont e che l’I.S. mette alla portata di tutti. (Internazionale Situazionista, Bollettino N° 10)
Il Digitale, la soluzione del Capitale
L’impatto del sistema digitale sugli ambienti naturali resta, malgrado qualche crepa nel consenso, una delle principali cose impensate della nostra epoca, perfino negli ambienti della contestazione. La fabbricazione di smartphone e tablet, di semiconduttori e chip RFID, di antenne-ripetitori e batterie, consuma e distrugge straordinariamente risorse, in termini di metalli, energia e acqua. Il consumo elettrico legato al funzionamento delle reti e allo stoccaggio dei dati aumenta in modo vertiginoso, nella misura in cui la nostra vita è assorbita da Internet; e fa sì che il sistema digitale contribuisca alle emissioni di gas serra molto più del trasporto aereo. Ora, qual è la “soluzione” proposta dall’oligarchia politico-industriale per salvare il pianeta e il clima? Digitalizzare. Mettere ovunque sensori elettronici e microchip. Adoperare software e robot per gestire il consumo di energia e l’inquinamento. Non c’è nessun “Grande reset”. Di fronte alla catastrofe ecologia e sociale, c’è una radicalizzazione del vecchio progetto capitalista industriale di padroneggiare la natura e di razionalizzare l’essere umano, per trarvi profitto e potere. Che tutto questo sia ribattezzato “transizione energetica”, “decarbonizzazione”, “reti intelligenti di energie rinnovabili”, la leva di questa radicalizzazione risiede nel digitale. Pochi territori saranno risparmiati da questa radicalizzazione industriale: aumento spropositato di parchi eolici e pannelli solari, con l’aggiunta di nuovi reattori nucleari; moltiplicazione di antenne-ripetitori; proliferazione di data center, oltre alle miniere. L’annuncio recente della riapertura di un vecchio sito minerario, nell’Allier, per estrarre litio in grandi quantità, segna il debutto di una nuova fase: diventa sempre più difficile non stabilire il legame tra le predazioni industriali specifiche di questo o quell’altro luogo, e il Grande progetto capitalista di digitalizzazione totale. (Écran total Occitania, Tolosa, 19 novembre 2022)
giovedì 15 febbraio 2024
L’Anarchia nel XX secolo – Parte VII
1911
Scoppiano violenti scioperi (che fanno seguito a quelli del 1902 e del 1907) tra i dipendenti dei tabacchifici, delle imprese di costruzione e delle ferrovie cubane. In prima fila sono i dirigenti dei lavoratori del tabacco, di tendenza anarco-sindacalista e socialista. Gli scioperi hanno una forte carica anti-imperialista in quanto diretti anche contro le grandi società nordamericane presenti nell'isola. Per reazione il governo del presidente José Miguel Gómez (ministro dell'interno è il futuro presidente Machado) sopprime le organizzazioni dei lavoratori. Machado mette in piedi una organizzazione sindacale filo-governativa, che camperà fino a quando, nel 1925, l'ala sinistra dei sindacati (sostanzialmente la leadership della federazione del lavoro dell'Avana, composta da anarco-sindacalisti, socialisti e comunisti) non si deciderà a spazzare via questo apparato burocratico di fantocci dando vita alla Confederación Nacional Obrera Cubana (CNOC). Con la guida degli anarco-sindacalisti prima e successivamente della CNOC le masse lavoratrici cubane otterranno considerevoli successi, poi la CNOC cadrà sotto l'influenza settaria e disgregatrice degli stalinisti che nel 1931 elimineranno gli anarco-sindacalisti e altri rivoluzionari dalla Confederazione unitaria. Fino al 1931 gli anarco-sindacalisti avranno una grande influenza tra i lavoratori cubani: la storia degli sforzi proletari per organizzarsi nei primi decenni del secolo non è altro che la storia dell'anarco-sindacalismo, le cui idee erano penetrate a Cuba dopo il 1860, portate dai lavoratori spagnoli emigrati in cerca di lavoro e di libertà. Il nucleo più compatto in mezzo agli emigranti era costituito dagli anarchici della Catalogna.
8 gennaio - L'avvocato Pietro Gori, difensore strenuo degli anarchici e poeta dell'anarchismo (suo è il testo della famosa canzone Addio Lugano bella), muore a Portoferraio, stroncato dalle persecuzioni e dall'esilio. Nato a Messina da famiglia toscana nel 1865, nel 1880 subì il primo processo per «eccitamento all'odio fra le classi», e venne difeso da Enrico Ferri. Al congresso di Genova del 1892 sostenne le tesi anarchiche. Nel 1894 dovette riparare all'estero: tenne comizi e conferenze in Inghilterra e negli Stati Uniti; rientrato in Italia nel 1898, dopo i moti di Milano dovette nuovamente fuggire; a Buenos Aires diresse la rivista "Criminologia Moderna". Nel 1903 fondò a Roma, con Luigi Fabbri, la rivista anarchica "Il Pensiero". Scrisse anche poesie, drammi, ricordi, studi di criminologia. Il busto eretto sulla sua tomba nel camposanto di Rosignano (Toscana) sarà decapitato e mutilato dai fascisti.
24 gennaio - Viene ucciso, dopo un processo-farsa a porte chiuse, l'anarchico giapponese Shusui Denjiro Kotuku, condannato a morte per presunto complotto contro il mikado. Kotuku, nato nel 1871° Nakamura, è considerato una delle più grandi figure dell'anarchismo. Attivo militante socialista fin dal 1893, nel 1901 pubblica la sua prima opera: L'imperialismo, mostro del secolo ventesimo, e nel 1903 L'essenza del socialismo. Nello stesso anno fonda con Toshihito Sakai il settimanale "Heimin Shimbun" (La Plebe), al quale collaborano i più eminenti socialisti dell'epoca e che per primo in Giappone pubblica Il manifesto dei comunisti. Il testo di Marx ed Engels viene tradotto in giapponese da Kotuku e Sakai. Come molti altri anarchici e socialisti giapponesi, anche Kotuku si era formato nell'emigrazione. Dopo avere letto in galera Campi fabbriche e officine di P. Kropotkin, liberato nel 1905 Kotuku soggiorna negli Stati Uniti, entra in contatto con rivoluzionari di tutto il mondo in casa di madame Flitch, anarchica russa in esilio, e con gli IWW. torna in Giappone (1906) anarchico convinto. Traduce in giapponese e pubblica clandestinamente le opere di Kropotkin (La conquista del pane, Lo Stato, L'autorità e la legge) e tanto basta perché le autorità lo arrestino e lo condannino a morte con altri 22 compagni. Nonostante le proteste di tutto il mondo civile viene assassinato assieme alla sua compagna Yugetsu Suga Kano e a dieci anarchici.
30 gennaio - Sollevamento popolare a Bahia California, che sotto l'impulso di Ricardo Flores Magón dà vita alla República socialista de Bassa California. Magem, dopo la prima detenzione in un carcere statunitense, è passato dal riformismo e dall'opposizione sistematica alla dittatura di Porfirio Diaz (caduto dopo l'insurrezione del 20 novembre 1910) all'anarco-comunismo. Il grido libertario «Tierra y Libertad», diffuso dalla rivista magonista "Regeneración", scuote le masse contadine e diventerà quasi il simbolo della rivoluzione messicana; lo stesso Emiliano Zapata, che pur essendo fortemente influenzato dal magonismo, non sarà mai dichiaratamente anarchico, scrive questo motto sulle sue bandiere.
CATCH THE WIND - Donovan
Nelle freddi ore e minuti
di incertezza voglio essere
nella calda stretta della tua amorevole mente.
Per sentirti tutto intorno a me,
e per prendere la tua mano lungo la sabbia,
ah, ma sarebbe come se provassi ad afferare il vento.
Quando il tramonto impallidisce il cielo
voglio nascondermi un po' dietro il tuo sorriso
e dovunque guardassi troverei i tuoi occhi.
Per me amarti ora
sarebbe la cosa più dolce, potrebbe farmi cantare.
Ah, ma sarebbe come se provassi ad afferare il vento.
Quando la pioggia ha appeso le foglie con le lacrime
ti voglio vicino per stroncare le mie paure,
per aiutarmi a lasciare tutta la mia tristezza alle spalle.
Perchè stare nel tuo cuore
è dove voglio essere e bramo di essere.
Ah, ma sarebbe come se provassi ad afferare il vento.
Informatizzazione del mondo
Opporsi all’informatizzazione del mondo implica ovviamente considerare che ciò è possibile – e perfino pensabile. Ciò suppone anche di trovarlo sensato e perfino desiderabile. La nostra dipendenza dagli schermi, e la concomitante riduzione delle nostre vite a una riserva di informazioni, pone almeno quattro grandi problemi politici: le imprese economiche stanno aumentando considerevolmente la loro influenza su di noi; il potere sociale tende a concentrarsi in maniera straordinaria; il lavoro è più facilmente sfruttabile dal capitale; la catastrofe ecologica in corso è chiaramente aggravata dalla crescita esponenziale delle tecnologie cosiddette “immateriali”. Come si vede, non si tratta di questioni estetiche, di partiti presi sensibili o filosofici, che possono del resto legittimamente entrare in gioco nel giudicare un mondo dove macchine, algoritmi e procedure impersonali occupano sempre più posto. Si tratta di problemi politici essenziali, davanti ai quali nessun sostenitore del progresso sociale e umano – dell’uguaglianza e della libertà – può rimanere indifferente; e ai quali un numero crescente di nostri contemporanei è effettivamente sensibile, anche se ciò non porta per il momento a un rifiuto massiccio della chincaglieria elettronica.
È un tale cambiamento di orizzonte quello che suggeriscono le recenti scaramucce intorno ai progetti per la completa informatizzazione del mondo: non più aspettare un ipotetico rovesciamento o indebolimento del capitalismo per discutere di tecnologie desiderabili o accettabili; ma cercare di prevenire qui e ora il peggioramento delle disuguaglianze, l’aumento del potere dei gruppi dirigenti e il declino della libertà, mettendo in panne degli ingranaggi essenziali del sistema attraverso strategie di disobbedienza civile. La proposta di ridurre massicciamente l’uso delle tecnologie avanzate e di lottare contro le politiche pubbliche che le promuovono non riguarda semplicemente una questione morale (morale sanitaria, morale ecologica, morale “esistenziale”, ecc.); è anche una proposta strategica, che scommette che opporsi individualmente e collettivamente all’informatizzazione delle nostre vite può permetterci di uscire dall’impotenza, di riconquistare una presa sul mondo, una leva per nuocere finalmente ai potenti.
giovedì 8 febbraio 2024
L’Anarchia nel XX secolo – Parte VI
- Liabeuf, un giovane operaio parigino che cercava di strappare una prostituta dalla sporcizia di Pigalle, viene accusato dalla polizia (cui Liabeuf aveva rifiutato una «percentuale» per essere lasciato in pace) di essere un «protettore». Per vendicarsi di una condanna immeritata, Liabeuf ferisce quattro agenti ed è condannato a morte. Mentre viene alzata la ghigliottina, in boulevard Arago, una folla immensa si scontra con la polizia per impedire la barbara esecuzione. Dopo una notte di dura lotta (un agente ucciso, centinaia di dimostranti feriti, tra cui il leader socialista Jean Jaurès che si batte in prima fila) a Liabeuf viene mozzata la testa. Sdegnati, molti giovani anarchici sceglieranno in segno di protesta «l'illegalismo»; alcuni seguiranno Bonnot. - Dopo l'esito disastroso dello sciopero generale proclamato nel 1909 dai socialdemocratici, gli anarco-sindacalisti svedesi fondano la Sveriges Arbetares Central (Unione dei Liberi Lavoratori), dapprima limitata a soli 500 membri ma vieppiù influente soprattutto tra i minatori, gli edili e i boscaioli, costretti a un lavoro massacrante e mal retribuito e particolarmente sensibili all'appello all'azione diretta. Al culmine del suo sviluppo, all'inizio del 1924, la SAC conterà quasi 40.000 aderenti, e successivamente continuerà a pubblicare un quotidiano, "Arbetaren", a Stoccolma. Da allora, per oltre mezzo secolo la struttura della federazione resterà immutata, basata sull'autonomia massima dei sindacati locali, ciascuno comprendente i lavoratori di una certa area geografica senza distinzioni di settori produttivi; il sindacato locale resterà il principale presidio del potere della lega, in quanto affiliato direttamente al centro nazionale. Rigidamente teorizzata sarà pure la non partecipazione alle elezioni e alla vita politica socialdemocratica, secondo i principi del sindacalismo rivoluzionario esposti da Pierre Monatte al congresso di Amsterdam del 1907, anche se nella pratica diversi adattamenti modificheranno il rigoroso anarchismo delle origini. Col boom del secondo dopoguerra gli iscritti scenderanno a 16.000, e solo dopo il 1968 ci sarà una ripresa dell'anarco-sindacalismo svedese: coi suoi 25.000 iscritti e il settimanale "Arbetaren" (30.000 copie) la SAC avrà però ben poco di rivoluzionario. Invitata già nel 1956 a uscire dall'Internazionale anarco-sindacalista, aderirà alla richiesta. - Settecento poliziotti guidati da Winston Churchill e protetti dal fuoco dell'artiglieria accerchiano il rifugio degli anarchici in Sidney Street (Londra). Piuttosto che arrendersi gli anarchici incendiano la casa e muoiono tra le fiamme. Victor Kibalcic (giovane emigrato d'origine russa) fa l'apologia del loro gesto al circolo di studio La libera ricerca da poco fondato a Parigi e già impegnato in una dura polemica con i democratici cristiani del Sillon e i Camelots du Roi (monarchici) di Léon Daudet, un figlio del quale si convertirà all'anarchismo con grande ira del padre. 30 ottobre -1°novembre In un congresso che si svolge al Palacio de Bellas Artes di Barcellona viene fondata la Confederación Nacional del Trabajo (CNT). Gli avvenimenti di Barcellona del 1909 hanno fatto capire ai lavoratori spagnoli la necessità di disporre di un'organizzazione nazionale. La CNT, di tendenza rivoluzionaria anarco-sindacalista, conta tra i suoi npredecessori la Federación Regional Epanola (1869-1881), la Fedenración de Trabajadores de la Region Espanola (1881-1888), il Pacto de Unión y Solidaridad de los Trabajadores de la Region Epanola (1889-1893) e Solidaridad Obrera (1904-1910).
CASA SIN PUERTA - José Alberto Velarde
Come loro, i senza gloria,
i senza grazia,
la cattiva gente di strada,
dei quartieri profondi,
dei voli in caduta libera,
loro, i meticci
eroi tristi dei romanzi gialli
carne da cannone, carne da prigione
bassi fondi dove si sente
l'aria dei tempi.
Puttane e travestiti
Droga e soldati
Confrontarsi con i propri desideri, con la propria mancanza di desiderio.
Nella città disgregata e in rovina
Metafore di sopravvivenza
In una casa senza porta.
Come si può salvare ciascuno?
C'è solo la separazione:
poi, l'attesa dei ricongiungimenti,
l'emozione del risveglio finalmente.
Criminalizzazione del dissenso, LA LEGGE REALE
L’anno 1967 apre in Italia e in Europa l’era della contestazione fino alla fine degli anni ’70, periodo in cui lo Stato chiede ad un paio di noti esponenti della politica del tempo, ovvero ad Oronzo Reale e successivamente a Francesco Cossiga, di studiare il modo per poter risolvere i problemi d’ordine pubblico, un ‘nuovo’ modo per sedare le proteste di piazza. La paura che avevano generato negli organi istituzionali la rivolta studentesca del ’68 e la conseguente saldatura con la protesta operaia nell’autunno caldo del ’69 porta nel 1975 alla legge di Oronzo Reale (legge Reale), Ministro della Giustizia dell’epoca. Una legge, quella Reale, che tende a punire non solo gli atti di terrorismo ma soprattutto il movimento, in quanto le predisposizioni previste colpiscono soprattutto le nascenti organizzazioni extraparlamentari a prescindere se queste hanno commesso atti di violenza o di terrorismo. La legge di fatto sanciva il diritto delle forze dell’ordine a utilizzare armi da fuoco quando strettamente necessario anche per mantenere l’ordine pubblico. Il ricorso alla custodia preventiva – misura prevista in caso di pericolo di fuga, possibile reiterazione del reato o turbamento delle indagini – veniva esteso anche in assenza di flagranza di reato. C’era quindi la possibilità di effettuare un fermo preventivo di quattro giorni, entro i quali il giudice doveva poi decretare una convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Infine, veniva ribadito che non si potevano utilizzare caschi o altri elementi che rendessero non riconoscibili i cittadini, salvo specifiche eccezioni. Successivamente il decreto Cossiga del 1979, che nasce pochi mesi dopo il delitto Moro e quindi dall’esigenza delle istituzioni di riportare tutto alla normalizzazione, va a sommarsi al resto delle normative repressive in vigore, ma mira a colpire soprattutto le realtà armate del movimento dell’epoca. Questa nuova svolta autoritaria nell’ordinamento giuridico italiano si rifà al principio della ragion di Stato secondo cui la salvaguardia delle istituzioni giustifica l’azione di governo attraverso qualsiasi mezzo. In tal modo il reato ‘delitto politico’ diventa reato «con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento democratico». Una nuova dicitura che di fatto estende largamente i poteri di polizia e introduce un diritto penale ‘speciale’ rispetto a quello ordinario, ‘speciale’ quanto alle sostanziali figure di indeterminati reati di associazione sovversiva), ‘speciale’ rispetto al trattamento carcerario. Il fatto che ancora oggi il Codice Rocco sia vigente, che si mantengano i reati associativi e che sostanzialmente la stessa legge Reale e lo stesso decreto Cossiga non siano state abrogati, dimostra una volontà dei governi che si sono succeduti nel mantenere quella continuità di controllo e repressione verso ogni forma di opposizione. Un moderno Stato di diritto e che voglia dirsi democratico deve necessariamente procedere verso la totale abrogazione di queste leggi, in nome di quel diritto di resistenza, concepito come diritto naturale di una parte, o di un intero popolo, ad opporsi contro l’esercizio arbitrario e tirannico del potere statale.
giovedì 1 febbraio 2024
L’Anarchia nel XX secolo – Parte V
Luglio - Sconfitto dai Riff in Marocco, l'esercito spagnolo richiama i riservisti di Catalogna. Solidaridad Obrera risponde dichiarando lo sciopero generale (unitario). La «semana tragica» (settimana tragica) di Barcellona si conclude con una tremenda repressione anti-operaia e anti-anarchica che culmina nelle fucilazioni di Montjuich (la collina che sovrasta Barcellona). Nei combattimenti di strada polizia ed esercito avevano ucciso più di 200 lavoratori; chiese e conventi erano stati incendiati dal furore anticlericale delle masse. 13 ottobre - Fucilazione di Francisco Ferrer y Guardia, noto pedagogista e fondatore nel 1901 della Escuela moderna (razionalista), fautore di un'educazione moderna e libera da dogmi e superstizioni, secondo i principi della pedagogia libertaria applicati anche da Luigi Molinari in Italia con l'Università Popolare (1900) e da Sébastien Faure in Francia con la Ruche ouvrière (1904). Invisa alla chiesa cattolica, la Scuola Moderna si propone di «educare il bambino in modo che si sviluppi al riparo delle superstizioni, e pubblicare i libri necessari per produrre questi risultati. L'insegnamento razionalista può e deve discutere tutto, ponendo, quale preliminare, i bambini sulla strada semplice e diretta dell'indagine personale». Colpevole di avere intaccato i privilegi materiali e morali di una chiesa che detiene il monopolio dell'educazione in Spagna, Ferrer viene indicato come un istigatore dei disordini. Palesemente innocente (era in realtà in Inghilterra durante la Settimana Tragica), Ferrer diventa un martire internazionale del libero pensiero. Il disgusto per il barbaro massacro, per gli arresti di massa, per le torture cui vengono sottoposti i prigionieri del Montjuich, costringono il premier conservatore Maura a dimettersi; assume il potere il liberale Canalejas.
1910
19 gennaio - Muore Andrea Costa, figura di grande rilievo del movimento anarchico italiano e nel 1882 primo deputato del partito socialista rivoluzionario (Costa ha abbandonato l'anarchismo «come mezzo» nella famosa lettera agli amici di Romagna del 27 luglio 1879). - Dopo la caduta della dittatura di Porfirio Diaz, si apre un processo rivoluzionario in cui gli anarchici guidati da Ricardo Flores Magón hanno una parte importante. Flores Magón influenza direttamente il grande rivoluzionario contadino Emiliano Zapata, che opera nel Messico meridionale in forme che anticipano la guerriglia di Makhno nell'Ucraina del primo dopoguerra: Zapata è, come Makhno, un contadino povero, e i suoi guerriglieri non abbandonano mai del tutto il lavoro ma prendono le armi solo per respingere l'invasore. I lavoratori messicani mancano però di una guida rivoluzionaria (lo stesso Zapata non saprà condurre fino in fondo l'espropriazione della terra) e mancano di esperienza organizzativa, essendo stata proibita da Porfirio Diaz ogni attività sindacale. Essi conoscono le idee anarco-sindacaliste, soprattutto attraverso le relazioni degli emigrati negli Stati Uniti con i membri degli International Workers of the World. Grandi scioperi si svolgono, anche sotto la dittatura, nelle ferrovie, nell'industria tessile, nelle miniere e nelle fabbriche di tabacco. Due scioperi annunciano la rivoluzione: quello di Cananea nel 1906, e lo sciopero di Rio Blanco nel 1907, represso dall'esercito, dalla polizia e dai rurales che ammazzano 200 lavoratori e ne imprigionano 400. Il segnale occasionale della rivolta viene dato dal liberale Francisco Madero, che assume la presidenza provvisoria e annuncia che il 20 novembre i messicani scenderanno in campo contro Diaz. Con sviluppo diseguale, il processo di ricambio al vertice assume una qualità rivoluzionaria con la partecipazione dei lavoratori agricoli più evoluti, guidati al Nord da Doroteo Arango detto Pancho Villa, e al sud da Emiliano Zapata, assertore della riforma agraria, di un'organizzazione socioeconomica basata sull'associazione volontaria di piccole comunità, sindacati dei lavoratori e altri gruppi di base. L'ideologia anarchica si manifesta anche nel deciso rifiuto di ogni autorità istituzionalista su vasta scala, e soprattutto dello Stato e della chiesa.
TREVICO-TORINO – VIAGGIO NEL FIAT-NAM di Ettore Scola
Fortunato Santospirito è un giovane che da Trevico (Avellino) è giunto a Torino, convocato dalla Fiat. La prima sistemazione la trova nell'atrio della stazione in mezzo al fecciume di falliti e degenerati, poi alla mensa per i poveri e nel dormitorio pubblico. Un prete assistente sociale gli espone la situazione precaria degli immigrati meridionali e gli fornisce i primi orientamenti. Assunto in fabbrica, Fortunato osserva, ascolta, riflette e fa amicizia con un sindacalista comunista, anch'egli meridionale. Frequenta gli ambienti dove si riuniscono i meridionali, sente e legge gli incitamenti degli studenti di gruppi dell'estrema sinistra, fra i quali Vicky, ragazza saccente, simpatica e sincera a modo suo, fuggita da una famiglia priva di calore umano. Intanto ai suoi familiari comincia a mandare i primi soldi guadagnati e a scrivere loro le proprie impressioni. La vita è stentata, il lavoro durissimo è appesantito dalla frequenza delle scuole serali. I suoi incontri con Vicky si trasformano in un'amicizia, che si interrompe quando Fortunato ha ormai maturato una convinzione personale circa lo sfruttamento da parte del capitale, e la necessità che i problemi del Sud si risolvano al Sud.
Nella Torino ultramoderna dei primi anni Settanta, mentre si costruisce una monorotaia che da sola costa un miliardo (mentre un operaio trova in busta paga al massimo un milione all’anno), la gente passa la notte nella stazione, chiama “stanza” capannoni per il carbone, va a mangiare nelle mense delle parrocchie. Una vita passata a lavorare, per un progresso della nazione dal quale l’operaio e l’operaia non trarranno mai godimento. Le classi subalterne vengono solleticate, ma a loro non arrivano altro che le briciole. Non è certo casuale che il sottotitolo di Trevico-Torino sia Viaggio nel Fiat-Nam. Il parallelismo tra il lavoro in fabbrica e l’aggressione imperialista degli Stati Uniti nei confronti del Vietnam – che proprio l’anno prima ha visto la sua conclusione, dopo un decennio di massacri di contadini – può apparire irriverente, ma ha una potenza e una chiarezza d’intenti inequivocabile. La fabbrica usura e massacra. Solo la lotta sindacale e di piazza, promossa anche da un prete nelle prime sequenze del film, ha senso. Solo attraverso la lotta di classe e la coscienza operaia si può non solo raggiungere l’obiettivo (che rimane nel corso del film una chimera) ma soprattutto trovare dignità nella vita. Proprio per non scendere a patti con la FIAT la macchina da presa di Trevico-Torino (un agile e combattivo 16mm) si ferma sempre ai cancelli della fabbrica. Ciò che avviene dentro è narrato grazie a laconici cartelli tra una macro-sequenza e l’altra. La vita operaia emerge grazie alle molte interviste documentarie che Scola intesse nel racconto, e che nessuno prima di lui aveva inserito in una produzione che non si fermasse alle sezioni di partito. Con grande acutezza il film si addentra anche nella galassia comunista, tra aderenti al PCI e giovani più attratti dalle posizioni di Lotta Continua. Nella fuga finale di Fortunato, oramai completamente cosciente del tradimento della causa operaia di un paese che ha scelto l’industrializzazione solo per accrescere il potere economico di chi gestisce la filiera, c’è la disperazione di un mondo che non accetta però in maniera prona lo stato delle cose. «Nell'elaborazione della materia narrativa un ruolo di primo piano lo svolse l'allora caporedattore dell'ufficio torinese de “l'Unità”,
Diego Novelli, consigliere di minoranza al Comune e futuro sindaco della città. Grande affabulatore, Novelli pilotò Scola alla scoperta di un'opulenta Torino che mal sopportava l'invasione della gente del Sud in cerca di fortuna. Lo condusse nella Torino delle mense per i poveri, dei dormitori pubblici, dei letti affittati a ore, dove approdavano napoletani, irpini, pugliesi, molisani, siciliani, calabresi, lucani, perduti in una città fredda, umida e scarsamente ospitale. Lo accompagnò nei palazzoni barocchi del centro storico, nelle cui soffitte senza riscaldamento stavano accalcate le famiglie degli operai, quelle che avevano avuto la fortuna di non imbattersi nel famigerato cartello "Non si affitta a meridionali". Fu Novelli a fargli conoscere la diciottenne Vicky Franzinetti, rampolla della buona borghesia torinese (suo padre era un fisico, docente all'università di Ginevra, lo zio senatore del PCI) e militante di Lotta Continua. (S. Masi, Ettore Scola, Gremese, Roma, 2006)
«Il fatto che la direzione della Fiat, a quanto pare, non ha permesso di girare il film anche nell’interno della fabbrica, ha costretto il regista a descrivere non già il lavoro quanto gli effetti di questo lavoro nella vita misera e solitaria del ragazzo e nel suo animo sensibile e inesperto. In altri termini, Ettore Scola ha messo l’accento sugli aspetti più patetici della storia di Fortunato sia perché Fortunato è un emigrante, sia perché non è stato possibile mostrarlo alla catena di montaggio, in un reparto della Fiat. (A. Moravia, Al cinema, Bompiani, Milano, 1975)
Gli spazi liberati - Zone da difendere
Le controculture hanno origine negli spazi liberati – quelle “zone da difendere” – durante il confronto con gli interessi dominanti. Emergono da altri modi di vivere emergenti che sfuggono al consumo di massa, quindi alla sfera del mercato. Attualmente solo la difesa del territorio è in grado di illuminarle, perché il conflitto territoriale ha bisogno di essere sostenuto da realizzazioni in margine al capitalismo e queste avvengono con minori difficoltà e migliori risultati in campagna. Gli ambienti urbani sono troppo artificializzati, atomizzati e tecno-dipendenti. Sono terreno ostile alla coscienza. Ciò non significa che le lotte per i salari, le pensioni, l’alloggio, i trasporti gratuiti o i diritti delle minoranze non siano importanti. Semplicemente, il territorio è l’anello più problematico della catena capitalista e con la maggiore capacità unificante. È diventato un elemento strategico decisivo, sia per i suoi sfruttatori sia per i suoi difensori. Tuttavia, in linea di principio, non si tratta tanto di condurre cruente battaglie contro le forze dell’ordine quanto di dimostrare che un altro modo di produrre e gestire, più giusto, più semplice e più egualitario, è perfettamente fattibile. Per raggiungere quest’obiettivo, dobbiamo ripopolare le aree lontane dal capitale da cui promuovere grandi mobilitazioni contro la distruzione dei terreni agricoli o qualsiasi altra nocività. Non partire da formule miracolose o da volontarismi puerili, ma da esperienze comunitarie autonome e coordinate che rompano con la logica della specializzazione e del profitto, per ricostruire una rete di rapporti diretti consuetudinari sufficientemente solida da sostenere un'offensiva. Arrivati a questo punto, i gruppi urbani possono essere ausiliari molto efficaci. I tempi non scorrono uguali ovunque. Come qualcuno ha giustamente affermato, la storia non è omogenea, numerosi fattori s’insinuano nei suoi interstizi e ne condizionano in modi diversi il divenire. Oggi, nelle nostre coordinate continentali, le lotte per la dignità si combattono soprattutto contro la valanga d’impianti di energie rinnovabili industriali. Altrove, la resistenza alla mercantilizzazione si esercita soprattutto contro la costruzione d’insediamenti residenziali, complessi turistici, autostrade e aeroporti. In tutti loro il fronte comune è contro l’agricoltura industriale. In vaste aree che stanno per essere devastate dall’estrattivismo capitalista, si tratta piuttosto di non entrare che di uscire dal capitalismo, di affrontare – anche con le armi alla mano – le intrusioni vandaliche degli scagnozzi dell’economia a tutti i livelli, rafforzando i legami di una società contadina autogovernata, come accade in varie parti dell’America Latina o del Kurdistan. Il cammino della storia – delle storie – è stato finora un susseguirsi di disastri. La rivoluzione non consisterà mai in un salto di qualità della produttività grazie ad un uso “democratico” di tecniche che sono essenzialmente totalitarie. Non si baserà mai su un’accelerazione pacifica dei cambiamenti economici guidata dallo Stato da guidatori esperti e ben intenzionati, ma piuttosto su un loro brusco arresto, opera anonima di un soggetto collettivo oppresso.