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giovedì 8 febbraio 2024

Criminalizzazione del dissenso, LA LEGGE REALE

L’anno 1967 apre in Italia e in Europa l’era della contestazione fino alla fine degli anni ’70, periodo in cui lo Stato chiede ad un paio di noti esponenti della politica del tempo, ovvero ad Oronzo Reale e successivamente a Francesco Cossiga, di studiare il modo per poter risolvere i problemi d’ordine pubblico, un ‘nuovo’ modo per sedare le proteste di piazza. La paura che avevano generato negli organi istituzionali la rivolta studentesca del ’68 e la conseguente saldatura con la protesta operaia nell’autunno caldo del ’69 porta nel 1975 alla legge di Oronzo Reale (legge Reale), Ministro della Giustizia dell’epoca. Una legge, quella Reale, che tende a punire non solo gli atti di terrorismo ma soprattutto il movimento, in quanto le predisposizioni previste colpiscono soprattutto le nascenti organizzazioni extraparlamentari a prescindere se queste hanno commesso atti di violenza o di terrorismo. La legge di fatto sanciva il diritto delle forze dell’ordine a utilizzare armi da fuoco quando strettamente necessario anche per mantenere l’ordine pubblico. Il ricorso alla custodia preventiva – misura prevista in caso di pericolo di fuga, possibile reiterazione del reato o turbamento delle indagini – veniva esteso anche in assenza di flagranza di reato. C’era quindi la possibilità di effettuare un fermo preventivo di quattro giorni, entro i quali il giudice doveva poi decretare una convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Infine, veniva ribadito che non si potevano utilizzare caschi o altri elementi che rendessero non riconoscibili i cittadini, salvo specifiche eccezioni. Successivamente il decreto Cossiga del 1979, che nasce pochi mesi dopo il delitto Moro e quindi dall’esigenza delle istituzioni di riportare tutto alla normalizzazione, va a sommarsi al resto delle normative repressive in vigore, ma mira a colpire soprattutto le realtà armate del movimento dell’epoca. Questa nuova svolta autoritaria nell’ordinamento giuridico italiano si rifà al principio della ragion di Stato secondo cui la salvaguardia delle istituzioni giustifica l’azione di governo attraverso qualsiasi mezzo. In tal modo il reato ‘delitto politico’ diventa reato «con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento democratico». Una nuova dicitura che di fatto estende largamente i poteri di polizia e introduce un diritto penale ‘speciale’ rispetto a quello ordinario, ‘speciale’ quanto alle sostanziali figure di indeterminati reati di associazione sovversiva), ‘speciale’ rispetto al trattamento carcerario. Il fatto che ancora oggi il Codice Rocco sia vigente, che si mantengano i reati associativi e che sostanzialmente la stessa legge Reale e lo stesso decreto Cossiga non siano state abrogati, dimostra una volontà dei governi che si sono succeduti nel mantenere quella continuità di controllo e repressione verso ogni forma di opposizione. Un moderno Stato di diritto e che voglia dirsi democratico deve necessariamente procedere verso la totale abrogazione di queste leggi, in nome di quel diritto di resistenza, concepito come diritto naturale di una parte, o di un intero popolo, ad opporsi contro l’esercizio arbitrario e tirannico del potere statale.



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