Con quale decadenza hanno osato colpire quel corpo senza il quale l’uomo non esiste, luogo di tutte le sensazioni, di tutte le conoscenze, di tutti i diletti e di tutte le pene; questo centro luminoso delle realtà tangibili, crogiuolo in cui l’alchimia di tre regni trasmuta la sensibilità del cristallo, del vegetale e dell’animale nella facoltà umana di compiere la grande opera della natura!
L’hanno ridotto a due principi funzionali, a due organi ipertrofici, una testa che comanda, una mano che obbedisce. Il resto ha il valore calcolato delle frattaglie sul bancone di un macellaio: il cuore, riservato non alla funzionalità dell’amore, ma al coraggio delle armi e dell’utensile; lo stomaco, destinato a sostenere lo sforzo fisico e che i piaceri della tavola rischierebbero di confondere fastidiosamente; l’apparato genitale e urinario, destinato alla riproduzione ed all’evacuazione, il cui uso voluttuoso è causa di peccato, di sofferenza e di malattie.
Che qualità possono avere i godimenti quando, una volta che i meccanismi del corpo al lavoro hanno espletato le proprie funzioni, la felicità differita dagli affari ha finalmente l’opportunità di essere soddisfatta?
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