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giovedì 15 dicembre 2022

PIETRO GORI - La paura della rivoluzione

Da quanto vi ho alla lesta ed alla buona esposto, o signori del Tribunale, avrete potuto formarvi un criterio sintetico, esatto ed oggettivo delle teorie socialiste anarchiche, e vorrete concludere (io confido) che esse non costituiscono che un ideale d'uguaglianza e di libertà, audace finché volete, ma tutt'altro che criminoso, e molto meno nei rapporti dell'articolo 248 del Codice Penale. Ma costoro, soggiunge il Pubblico Ministero, non sono degli anarchici teorici come Enrico Ibsen od Eliseo Reclus; si professano anarchici rivoluzionari, e potranno passare con sollecitudine dal pensiero all'azione. La rivoluzione! È questa la parola, che vi fa tanta paura? E non avete imparato dalla storia, che ogni grande progresso umano è tracciato da un solco sanguinoso, e che nel campo politico come in quello scientifico furono sempre delle minoranze ribelli, che spiegarono la bandiera del vero, e attorno a quella caddero combattendo, o trionfarono trascinando seco le maggioranze inconscie?.... Non vi ricordate, che i grandi faziosi del Risorgimento italiano sono chiamati oggi precursori, martiri; che i rivoluzionari per la patria adesso sono diventati tutti più o meno monumentabili?.... Non pensate infine che le leggi medesime, in nome delle quali domandate, o accusatore pubblico, la condanna dei miei amici - che la stessa formola sacramentale con la quale voi, o giudici, comincerete la vostra sentenza nacquero dal Sangue d'una rivoluzione?.... Spartaco, Guglielmo Tell, Danton, Kossuth, Garibaldi: ecco la rivoluzione. Cristo, Confucio, Lutero, Giordano Bruno, Galileo, Darwin: ecco ancora la rivoluzione. Ecco ancora il presente, che si ribella al passato maturando l'avvenire. Lacerate la storia, se volete spezzare la gloriosa leggenda della rivoluzione. Strappate di mano ai fanciulli delle scuole i libri che narrano Bruto, pugnalatore per amore di libertà, e di Rienzi sobillatore per amor del popolo, insegnano essere la insurrezione un sacro dovere contro le tirannidi. E proibite i pellegrinaggi del vostro forte popolo marinaresco, che porta corone votive alla statua di Balilla, il piccolo fromboliere, il cui nome è caro agli oppressi, perché dalla sua mano partì la prima pietra contro i prepotenti oppressori. Essere rivoluzionari, o signori, non vuol dire essere violenti! Quante volte nella storia la violenza fu dalla parte della legge e dei suoi difensori, e l'ordine invece dalla parte dell'insurrezione e dei suoi militi! Essere rivoluzionari per la grande idea di giustizia sociale vuol dire metter la forza cosciente a servigio dei diritti dei lavoratori; è cospirare col pensiero e con l'azione a ristabilire l'ordine vero del mondo, con la pacificazione degli animi nell'armonia degl'interessi e delle libertà individuali. In questo senso sono rivoluzionari i miei amici imputati. Essi dicono al popolo: "Tu sei la maggioranza, tu sei il diritto e la forza. Sol che tu voglia, e il giorno della redenzione spunterà per te". Ed ai lavoratori: "Voi siete i più, voi siete i creatori del benessere altrui. Solo che vogliate ed il benessere sarà garantito a voi ed a tutte le altre creature umane".

Immaginate o signori, che questa ragione diventi, come diventerà ineluttabilmente, la coscienza animatrice del proletariato e la rivoluzione sarà fatta.

Nessuna violenza di eserciti e di polizia verrà ad arrestare cotanta fiumana d'entusiasmi, di fedi, di giovinezze. C'è qualche cosa di più alto e più forte delle paure e dei capricci dei governanti e delle classi dominatrici: c'è la irresponsabilità delle leggi storiche. E queste preannunziano la immancabile vittoria del proletariato.


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