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giovedì 21 maggio 2015

L’AUTORITÀ di Alexandra David Néel

L'obbedienza è morte. Ogni istante in cui l'uomo si sottomette ad una volontà esterna, è un istante estirpato dalla sua vita. Quando un individuo è obbligato a compiere un atto contrario al suo desiderio o quando è gli viene impedito d'agire in funzione del suo bisogno, egli smette di vivere la sua vita personale e, se da un lato colui che comanda aumenta il suo potere nutrendosi della forza di
colui che è sottomesso, colui che obbedisce viene annullato, assorbito da una personalità esterna; diventa nient'altro che forza meccanica, strumento a disposizione di un padrone. Quando si parla dell'autorità esercitata da un uomo su altri uomini, da un sovrano sui sudditi, da un padrone sugli operai, da un proprietario sui propri lavoratori domestici, si capisce immediatamente che egli
impiega la vita dei propri sottomessi per la soddisfazione dei propri piaceri, dei propri bisogni, dei propri interessi: cioè a suo vantaggio, a favore dello sviluppo della propria vita a discapito degli altri. Ciò che in genere si riesce a cogliere in maniera meno chiara, è l'influenza nefasta delle autorità d'ordine astratto: le idee, i miti religiosi e non religiosi, le tradizioni, gli usi e costumi, ecc. qualunque manifestazione esterna dell'autorità ha sempre e comunque origine in un'autorità mentale.
Nessun tipo d'autorità materiale, legata a leggi o individui, trova attualmente forza e ragione in sé stessa. Nessun tipo d'autorità materiale si esercita realmente da sé, tutto si basa su delle idee.
Poiché l'uomo si curva in primis davanti alle idee, riesce ad accettarne in seguito la realizzazione tangibile delle diverse forme del principio d'autorità.
L'obbedienza è composta da due fasi distinte: si obbedisce perché non si può fare altrimenti; si obbedisce perché si crede che bisogna obbedire.
Nel momento in cui un organismo si costituisce, tutte le sue forze tendono verso un unico fine: conservare la sua esistenza personale alimentandola e difendendola contro qualsiasi tipo di influenza in grado di distruggerla o sminuirla.
In natura tutti gli esseri si sforzano verso la vita; tutti ricercano, secondo le proprie facoltà, il godimento ottenuto dalla soddisfazione del bisogno; tutti gli esseri fuggono dalla sofferenza, dalla privazione che è restrizione, diminuzione della vita. La vita universale ci appare come prodotta dal movimento incessante delle individualità molecolari che si aggregano secondo la loro composizione e gli ambienti che incontrano. Allo stesso modo l'uomo cosciente si unirebbe ai suoi simili secondo i suoi bisogni e le associazioni umane si formerebbero, dissolverebbero e riformerebbero seguendo solo la manifesta utilità.
Se la scienza non ci mostra nessuna traccia di governabilità dell'universo, perché immaginare che solo l'uomo debba fare eccezione? Non sarebbe invece più saggio concludere che, liberato da tutti gli ostacoli, egli si comporterebbe come tutti i corpi esistenti in natura: seguendo la legge propria che è in lui, non come un comando proveniente da un'autorità esterna, ma come una necessità del suo essere.



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