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giovedì 13 maggio 2021

“I dirigenti rivoluzionari”

Dal momento in cui il popolo in rivolta rinuncia alla sua volontà per seguire quella dei suoi consiglieri, perde l'impiego della sua libertà e incorona, con l'ambiguo titolo di dirigenti rivoluzionari, i suoi oppressori di domani. In ciò consiste, in qualche sorta, l'astuzia del potere parcellare: esso genera delle rivoluzioni parcellari, scisse dal rovesciamento di prospettiva, separate dalla totalità; paradossalmente dissociate dal proletariato che le fa. Come potrebbe la totalità delle libertà rivendicate accontentarsi di qualche briciola delle libertà conquistate senza fare subito le spese di un regime totalitario? Si è creduto di vedervi una maledizione: la rivoluzione che divora i suoi figli: come se la sconfitta di Makhno, l'annientamento di Kronstadt, l'assassinio di Durruti non fossero già stati implicati dalla struttura dei nuclei bolscevichi iniziali, forse anche dai modi autoritari di Marx nella Prima Internazionale. Necessità storica e ragione di stato non sono che necessità e ragione dei dirigenti chiamati ad avallare il loro abbandono del progetto rivoluzionario, il loro abbandono della radicalità. La nuova ondata insurrezionale riunisce oggi dei giovani che si sono tenuti lontani dalla politica specializzata, che sia di sinistra o di destra, o che vi sono passati rapidamente, il tempo di un errore di giudizio o di un'ignoranza scusabili. Nel maremoto nichilista, tutti i fiumi si confondono. Ciò che importa è solo l'al di là di questa confusione. La rivoluzione della vita quotidiana sarà la rivoluzione di quelli che, ritrovando con maggiore o minore facilità i germi di realizzazione totale conservati, contrastati, nascosti nelle ideologie di ogni genere, avranno per ciò stesso cessato di essere mistificati e mistificatori.


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