Per muoversi, in prospettiva, verso una “buona vita” occorre mettere in campo molteplici azioni.
Da un lato un’iniziativa di carattere culturale il cui obiettivo sia ridare senso alle parole: quelle con le quali delineare lo stato di cose esistente e attraverso le quali immaginarci una società diversa.
Dall’altro lato – e come premessa necessaria –un’iniziativa di carattere sociale tendente a sottrarre le individualità all’anomia e infonder fiducia laddove c’è uno scoramento diffuso, mirando a de-segmentare il sociale: dare vita, cioè, a reti di solidarietà, alleanze e sinergie tra gruppi e individualità fondate su relazioni non autoritarie.
Come fare? Nel quotidiano, è bene continuare a resistere e a opporsi alle politiche del dominio, mettendo in collegamento l’antifascismo con tutte le altre attività e lotte che portano avanti, con l’obiettivo di produrre un ribaltamento si senso.
L’antagonismo anche nelle sue espressioni più lucide ed efficaci, non riesce ancora a innescare questo ribaltamento di senso. Anzi, rischia di creare ulteriore segmentazione nel momento in cui dà luogo a forme di auto-ghettizzazione, riproducendo politiche identitarie che nulla hanno a che fare con pratiche di liberazione e lotta al dominio.
Contemporaneamente, appare sempre più evidente come non ci sia spazio per ipotesi di riforma – per quanto radicale – dell’ordine delle cose. È necessario lavorare per una prospettiva rivoluzionaria che inverta la devastante direzione di marcia della società contemporanea.
(Tratto da un documento su “A” dei compagni e le compagne del circolo anarchico C. Berneri di Bologna)
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