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giovedì 2 novembre 2023

GLI INGANNATI (Al Makudu’un) - Tewfik Saleh

L'anziano Abu Qais attraversa a piedi il deserto; camminando nella terra arida si avvicina ai resti di una persona, presagio di morte, e rivive nella  memoria  alcuni attimi della sua vita nel villaggio d'origine. Il presente e il passato si confondono in un delirio febbrile. Come molti altri palestinesi, Abu Qais ha lasciato la famiglia per tentare di raggiungere il Kuwait, e cercare lavoro. Sulle rive del fiume Shatt El Arab fa la conoscenza di altri due palestinesi – un giovane promesso sposo e un adolescente costretto dal padre ad abbandonare la scuola per sfamare  la famiglia - che, come lui, stanno cercando un passaggio clandestino, anche pagando una consistente somma di dinari. I tre incontrano un vecchio camionista che accetta, dietro compenso, di portarli in Kuwait, facendo loro superare il confine iracheno a bordo del suo camion-cisterna. Il viaggio si rivela un vero e proprio inferno a causa delle condizioni climatiche e della prova cui i tre uomini sono, per due volte, sottoposti: per aggirare altrettanti posti di frontiera devono infatti nascondersi per pochi minuti nella cisterna, dove la temperatura raggiunge un livello insostenibile. Il primo controllo viene superato. La  seconda volta, però, l'autista è trattenuto troppo a lungo negli uffici doganali. La sua lotta contro il tempo per salvare i tre uomini è  inutile. I cadaveri vengono abbandonati in un cumulo di immondizie. Al-
Makudu'un
è un  capolavoro di cinema apolide e senza tempo che, con uno stile crudo e visionario, un realismo privato di ogni riferimento didascalico e una narrazione anti-convenzionale, racconta  la disperazione e la tragedia di un popolo, quello palestinese, senza terra e doppiamente abbandonato: tradito dalle istituzioni politiche arabe e invaso, massacrato dai sionisti, come  ricorda la voce fuori campo, alla quale spesso è dato il compito di descrivere i fatti politico-sociali preesistenti, con un tono che si mantiene espressamente  anti-realistico. La scelta di girare un'opera dove l'aspetto militante scaturisce da un discorso filmico quasi sperimentale ha reso possibile il perdurare della straordinaria modernità di 
Al-Makudu'un. L'inizio, in tal senso, è esemplare. Poche inquadrature sono sufficienti per rendere evidente il dolore della perdita, della mancanza di un territorio, che obbliga all'erranza individui che simboleggiano un'intera popolazione. 



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