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giovedì 16 novembre 2023

Nell'era del Cyborg

Il termine cyborg deriva dalla contrazione di cybernetic organism e fu introdotto dagli scienziati M.E. Clynes e N.S. Kline nel 1960 in un articolo dal titolo “Cyborgs and space”. In quell’occasione, nell’ambito delle esplorazioni spaziali, gli autori proponevano di alterare le funzioni corporee in modo che l’uomo potesse adattarsi agli ambienti extraterrestri, piuttosto che procuragli un ambiente terrestre nello spazio. Questa modificazione si sarebbe potuta realizzare attraverso un cosiddetto “organismo-artefatto” che avrebbe espresso l’autoregolazione omeostatica naturale per adattare l’organismo al nuovo ambiente. Si ipotizzava quindi un sistema osmotico impiantato nel corpo per la somministrazione continua e a velocità variabile di sostanze biologicamente attive a diversi organi. Questo sistema, combinato con meccanismi sensori, definirebbe un controllo a ciclo continuo che agirebbe parallelamente a quello autonomo del corpo. Nel caso dei viaggi spaziali le sostanze somministrate regolerebbero l’ossigenazione, la temperatura, la pressione, il bilancio dei fluidi, le funzioni muscolari, cardiovascolari e vestibolari, i processi enzimatici e metabolici e lo stato di veglia, oltre a controbilanciare gli effetti della gravitazione, dei campi magnetici e delle radiazioni e contrastare i problemi percettivi di invarianza sensoriale e di deprivazione dell’azione. Cosi il cyborg è un organismo eterogeneo in parte animale (umano) e in parte artificiale, nello specifico un uomo macchinizzato o all’inverso una macchina umanizzata, senza una vera e propria predominanza dell’uno o dell’altro aspetto. In questo concetto si incontrano/scontrano temi quali il paradigma scientifico, la biologia, la tecnologia, la cibernetica, la comunicazione, l’identità, la sessualità e la (bio)politica. Questa tecno-penetrazione e macchinificazione della carne, che viola la membrana umano-macchina, si inserisce nella realtà attuale dominata dall’ipertecnologia, dal numero, dalla velocità e dall’efficienza. L’uomo, per come lo abbiamo conosciuto finora, non ha più le caratteristiche per mantenere un determinato adattamento. Sarà richiesto di disfarci della pretesa di essere nient’altro che macchine biologiche, affidarci alla tecnologia e diventare macchine, per essere migliori. (Gianluca Toro)


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