Il processo rivoluzionario non potrà avere mai più i tratti esclusivi della guerra civile, i tratti della Comune di Parigi o della Mackhnovicina. Ma è sempre più probabile che la produzione «in vitro» della guerra civile, lo spettacolo speciale pirotecnico e sensazionale del terrorismo teleguidato, ottenga un relativo successo, e di conseguenza un relativo coinvolgimento di una parte del proletariato rivoluzionario nella sua pratica alienata. E proprio attraverso l'esperienza vissuta di questa alienazione, apparirà sempre più chiaro il necessario passaggio alla fase ultimativa del processo: la disgregazione attivamente perseguita, la liquidazione «armata (con tutte le anni necessarie) dell'universo concreto in cui il capitale assolutamente dominante realizza la propria valorizzazione. La vera guerra civile si scatena a partire dall'interno di ogni essere: nella maturazione accelerata «di una consapevolezza che strappa l’essere al sembrare, il vero all'apparente, la realtà in processo alla rappresentazione in dissolvimento, una consapevolezza che rifiutando insieme l'essenza selvaggia della guerra e l'essenza mortifera della «civiltà» superi entrambe nell'affermazione «incivile» della propria assoluta estraneità al mondo delle apparenze, e che lo combatte per liquidarlo concretamente una volta per sempre. La lotta sarà armata, perché si seppelliscano per sempre gli strumenti di morte. Distinguere i rivoluzionari armati dai sicari della falsa guerra sembrerà talvolta difficile, ma lo sembrerà soltanto, e non alla dialettica radicale: il corpo proletario della specie si è riconosciuto istantaneamente nei fatti di Detroit, di Danzica, di Stettino, e altrettanto istantaneamente si riconoscerà nei tratti inconfondibili delle insurrezioni vitali. (Cesarano-Collu: Apocalisse e rivoluzione 1973)
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